RIP: recensione al film
RIP
Recensione al film
«(…) sprezzante del pericolo,
affronta la sorte,
il coraggio è il regalo
che le ha fatto la morte.
Ora, lei sa cosa sognare,
lo stagno non basta,
tocca anda’ ar mare»
Quando il cinema si fa poesia
dal 23 OTTOBRE in sala
di Elisa Pedini
RIP per la regia di Alessandro D’Ambrosi e Santa de Santis, al loro primo lungometraggio.
Il film, presentato ad Alice nella Città, in sala dal 23 ottobre, distribuito da Filmclub Distribuzione, risulta un prodotto straordinariamente ben composto che sa coinvolgere, emozionare, divertire e commuovere.

Muovendosi su più registri e su più piani di regia, riesce a catturare integralmente l’attenzione dello spettatore, risultando solido e pienamente convincente.
Il protagonista è Leonardo, interpretato da Augusto Fornari, autore di necrologi per un giornale, che va in redazione di notte perché è «meglio sentirsi soli da soli, che soli in compagnia». Una frase che, da sola, ci dà l’intero set up del film. Un uomo solitario da sfiorare la misantropia.
In realtà, il suo isolamento nasce da un’interiorità insoluta, dalle assenze, dai silenzi, dall’ignorare verità introspettive altrui, dall’attendere uno sguardo paterno che non è arrivato mai.
Tutto questo ha portato Leonardo ad essere un uomo solitario, dal cinismo sagace, morto dentro perché ha rinunciato prima ancora di provare, s’è arreso all’invisibilità arrivando ad evitare ogni confronto, anche con se stesso.

Così, ha bloccato la sua vita in un eterno incompiuto, più concentrato su ciò che non ha piuttosto che su ciò che ha, come gli rinfaccia la ex moglie, cui lui si rifiuta di firmare il divorzio.
Tuttavia, non è certo l’unico al mondo a soffrire di questa resa, anzi, lui, almeno, ne è cinicamente consapevole e non esita a riconoscerla e a scriverne anche degli altri, cosa che naturalmente, non viene sempre apprezzata. «Come fai a dormire la notte?» gli viene per l’appunto domandato. Ma, rapido e tagliente, Leonardo risponde: «Dormo di giorno».
Veniamo a sapere che il cuore di tutte le questioni irrisolte di Leonardo è il padre: Marcello.

Ancor vivo, eppure totalmente estraneo al figlio. Due mondi che pur amandosi, non si parlano, non si capiscono. Entrambi bloccati in un’interiorità che non compartecipano.
Tuttavia, il fato, inaspettato quanto crudele, è lì pronto a servire la sua soluzione a chi si rifiuta di trovarla da solo.
Da un atto di violenza gratuita, parte la storia e il film si fa poesia pura. Tra viventi, o supposti tali e fantasmi veri, tra realtà e fantasia, tra comicità acuta e delicata a un tempo e riflessioni profonde sul senso dei rapporti e della vita.
È qui che s’apprezzano tanto la regia quanto la musica che sanno accompagnare e scandire il gioco interiore/esteriore, reale/surreale.

Così, la stessa magnifica, eterna, Roma si fa complice, tra sapienti inquadrature di scorci poetici e vita mondana.
Inoltre, la musica, mai invasiva o distraente, supporta e completa scene e personaggi, amplificandone le emozioni.
In più, il film si apre di notte e le prime scene sono per la maggior parte in notturna.
Ma, è tutto destinato a cambiare. Da un prevalere della notte, a uno scorrere naturale del tempo e della giornata.

Esattamente, allo stesso modo, affiorano le verità e finalmente, s’instaura un rapporto, tardivo sì, ma vero, profondo e sincero con un padre che, nella sua dimensione ectoplasmatica, è tornato giovane, sfrontato e pieno di vita.
Così Marcello, magistralmente reso da Valerio Morigi, appare al figlio Leonardo.
Come del resto, le due belle Gentildonne, Adelaide e Beatrice, rispettivamente interpretate da Giulia Michelini e Nina Pons, compagne degli immaginari giochi d’infanzia d’un bambino, che s’appalesano unendosi alla strampalata comitiva.

In un quadro cinematograficamente delizioso assistiamo a un’evoluzione del personaggio di Leonardo che progressivamente ritorna alla consapevolezza della vita e dei suoi sapori e valori, laddove, al dunque, si rende conto che sono più vivi i morti dei vivi. Così, conosce anche il vero finale della filastrocca e torna a sognare, a desiderare e finalmente, a vivere perché «chi smette di guardare il cielo, si perderà sulla terra (…)».
RIP è una produzione solida e ben costruita che coinvolge, una vera chicca, che ho molto apprezzato e che consiglio vivamente di vedere.
2 Replies to “RIP: recensione al film”
Io ho visto il film, l’ho trovato molto bello, come storia e come e’ stato messo sullo schermo, avvincente e mai noioso.
Il pubblico sicuramente non si annoia a vederlo, perché ogni momento ti rende partecipe della storia.
Consiglio vivamente di vederlo
Grazie per la tua testimonianza! Confermo, l’ho trovato incantevole. È un film da vedere.