«EDUCAZIONE INNOVATIVA – APPROFONDIMENTO: TEATRO E INSEGNAMENTO»

«EDUCAZIONE INNOVATIVA: IL TEATRO COME MEZZO D’INSEGNAMENTO»

«IL PROGETTO EUROPEO PLA.LE.»

Testimonianza dell’UNITRE di Pavia – Stato: Italia

 

di Elisa Pedini

 

Nell’ottica di sviluppare un’educazione potente e innovativa, è evidente che si ricerchi il tipo d’insegnamento più efficace. Il Teatro, appunto.

A tal proposito, l’Europa ha sostenuto e finanziato, nel 2013, il Progetto PLA.LE. (Play for Learning), riguardante l’insegnamento d’una lingua straniera, utilizzando il Teatro come mezzo d’insegnamento. L’Italia prese parte all’iniziativa, anche se, nulla si sviluppò alla conclusione della stessa.

Ho intervistato le strutture che aderirono a tale Progetto per fornirvi una testimonianza più diretta di quanto l’EU intende per “educazione innovativa” e di quanto noi facciamo già in Kainós® per l’Italia.

L’Unitre di Pavia rappresentò l’Italia. Ce ne parla il dr Roberto Canevari, di professione bibliotecario, ma svolgente la funzione di docente di Arabo presso l’Unitre, che fu uno dei docenti coinvolti in questa emozionante avventura.

 

D: Roberto, puoi spiegarci il tipo di Progetto?

RC: Sì, si trattava d’un progetto europeo volto a testare nuove modalità d’insegnamento della lingua straniera. Ovvero, dei metodi innovativi, meno scolastici e più potenti, che potessero risolvere tutti quei problemi che gli studenti incontrano nel momento in cui s’apprestano a studiare una lingua straniera. Generalmente, gli studenti hanno difficoltà nel pensare in lingua, nell’esprimersi con fluidità, nel ricordare le parole, nel pronunciare con le più corrette prosodia e fonetica. Il Teatro s’è rivelato il miglior mezzo d’insegnamento.

 

D: Qual era l’organizzazione del Progetto?

RC: C’erano numerosi paesi coinvolti nel Progetto: l’Italia, rappresentata dall’Unitre di Pavia, il Portogallo, la Spagna, la Francia, la Germania e la Romania. Il Progetto prevedeva due anni di lavoro e uno spettacolo finale per dimostrare i risultati ottenuti. Era un Progetto che sfidava sia l’Italia, che non conosceva, né conosce, niente di diverso dalle classiche lezione frontali, sia le strutture europee che già utilizzavano e tuttora utilizzano il Teatro per insegnare. Durante la durata del Progetto, l’EU permetteva visite e interscambi tra i paesi coinvolti, per condividere gli stadi del lavoro, i problemi riscontrati, le soluzioni adottate, le idee, ecc.

 

D: Come avete lavorato in Unitre?

RC: Per la realizzazione del Progetto, ho collaborato con altri docenti di lingue dell’Unitre. Poiché si trattava d’un metodo ben poco noto in Italia e poiché non avevamo alcuna preparazione teatrale, abbiamo avuto bisogno del supporto d’un’attrice, che veniva una volta al mese per darci insegnamenti e consigli sulla tecnica teatrale. Tutto il primo anno, abbiamo lavorato sul teatro e sulla tecnica teatrale. Su questa base, abbiamo cominciato a costruire tutto il programma d’insegnamento.

 

D: Potresti descriverci problemi e benefici del programma?

RC: Certamente! Certe problematiche, per esempio, erano legate alle componenti psicologiche degli studenti dell’Unitre. Il nostro è un target particolare, sono persone avanti negli anni e sono legati a un’idea di scuola che è molto lontana nel tempo. Si può ben immaginare la loro reazione di diffidenza all’inizio di questa esperienza. Inoltre, le infrastrutture psichiche di difesa sono molto radicate nelle persone anziane.

All’inizio di quest’avventura, abbiamo dovuto considerare tutto questo per accompagnare, con dolcezza, i nostri studenti dentro a una dimensione d’apprendimento fortemente nuova e attiva.

Tuttavia, era un’esperienza nuova anche per noi e ci ha sfidati tutti. Un’esperienza di crescita unica e magnifica.

Infine, c’erano anche problemi di logistica. Non avevamo spazi appropriati come, al contrario, in altri paesi europei, dove il teatro è un luogo d’apprendimento piuttosto diffuso. In Italia, dovevamo fare le nostre lezioni fra i banchi.

Che all’inizio del nostro cammino abbiamo incontrato molti problemi, è certo; ma essia hanno solo confermato la potenza del teatro e i benefici che esso permette d’ottenere in poco tempo.

Infatti, innanzitutto, bisogna sottolineare che il teatro obbliga ad esporsi in prima persona e non soltanto con la voce, cioè con una fonetica e una prosodia e una dizione perfette; ma anche con il corpo e la gestualità, cioè con un linguaggio corporeo chiaro e preciso.

Tutto ciò permette di gestire e vincere certi ostacoli e limiti, che il cervello umano costruisce, come, per esempio: il desiderio di perfezionismo, la vergogna d’esprimersi davanti a un pubblico, il timore di sbagliare, ecc.

Inoltre, apprendere il gesto legato alle parole, è un aspetto molto importante nell’apprendimento d’una lingua, perché la gestualità aiuta enormemente le capacità mnemoniche. È un fatto che, nella tecnica teatrale, il gesto e la parola siano un movimento unico, armonico: l’uno aiuta l’altro e viceversa.

Inoltre, il teatro si basa sulla drammatizzazione. Tutto dev’essere portato sulla scena. Durante le lezioni, ho insistito moltissimo sulla drammatizzazione, partendo dall’analisi del testo, per imparare il lessico, la sintassi e il contenuto. Poi, era necessario modificare il testo, lavorando sia sulla lingua, che sull’esposizione, al fine d’ottenere il risultato desiderato.

Infine, il teatro permette di fare una cosa molto importante: sperimentare il testo sotto diversi punti di vista, come, per esempio, cambiando la disposizione emotiva. Recitare un ruolo, cambiando l’emozione dominante, è il mezzo migliore sia per vedere come il senso e l’impatto d’una stessa frase cambino, sia per imparare a gestire le emozioni.

 

D: Avete scelto una tematica particolare per le lezioni o erano semplicemente volte all’apprendimento di una lingua?

RC: Ovviamente, lo scopo era l’apprendimento, ma, durante uno dei primi incontri tra i paesi coinvolti, si decise una tematica, che era: «la protesta».

Ogni paese aveva una «scena» da rappresentare, per esempio: la Romania doveva portare in scena una lezione frontale regolare; la Spagna portava la preparazione della protesta, ecc.

Vorrei sottolineare l’esperienza della Francia, che doveva rappresentare la comunicazione della protesta, perché l’idea che ha utilizzato per portare in scena questa tematica, è stata molto interessante. La Francia ha inventato una lingua di fantasia, dimostrando che il messaggio passava ugualmente e che il pubblico era perfettamente capace di seguire la storia.

Infine, l’Italia doveva portare in scena la protesta in piazza.

La tematica era poco comune e molto appassionante.

 

D: Come avete gestito questa tematica?

RC: Abbiamo scelto delle poesie e dei testi che potessero evocare la protesta. Avevamo la più estrema libertà di scelta sugli autori e sui passaggi.

Inoltre, abbiamo utilizzato dei supporti multimediali: cioè video, film, pubblicità, cartelloni, ecc.

In altre parole, ogni sorta di materiale, purché potesse essere valido e proponibile, per imparare la gestualità, che è legata a una certa cultura e a una certa lingua. Questo, è un concetto molto importante; ma anche molto lontano dal modo italiano di fare «educazione».

Il teatro permette d’andare alla fonte del problema nell’apprendimento d’una lingua straniera.

Mi spiego con un esempio: se vuoi imparare il francese, le parole e la grammatica non bastano. Bisogna conoscere, anche, la prosodia e la gestualità che fanno parte della lingua francese e della cultura francese.

In Romania, dove si fece lo spettacolo finale, gli studenti non parlavano la stessa lingua, tuttavia, erano capaci di comprendersi gli uni con gli altri. Si poteva notare una gestualità esacerbata, tipica del teatro, che permetteva una comunicazione corporea perfettamente comprensibile.

Ecco, la magia del teatro e la comunicazione su più livelli che solo il teatro permette! Il teatro fa gruppo e l’istinto d’aiutarsi, di comprendersi e di cooperare, nasce in modo naturale.

 

D: Una considerazione finale?

RC: Sì, il teatro rappresenta il mezzo migliore per trasmettere l’amore per lo studio, l’amore per una lingua straniera e soprattutto, l’amore per una cultura, perché permette sia d’apprendere una lingua, che e soprattutto, di viverla!

 

D: Hai un sogno dopo questa esperienza?

RC: Sì, il sogno di vedere dei nuovi percorsi didattici, d’avere una nuova preparazione per i professori, affinché il teatro divenga un mezzo d’insegnamento regolare, perché esso permette una formazione degli studenti, realmente completa!

 

 

ARTICOLI PRINCIPALI:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *