JAN FABRE IN MOSTRA AL BUILDING

PRIMA ASSOLUTA D’UNA PERSONALE DI JAN FABRE A MILANO

 

“I CASTELLI NELL’ORA BLU”

 

 

DAL 22 SETTEMBRE AL 22 DICEMBRE

 

 

AL BUILDING IN VIA MONTE DI PIETÀ 23

E CON DUE MONUMENTALI ESPOSIZIONI ALLA BASILICA DI SANT’ESTORGIO E ALLA CAPPELLA PORTINARI

 

 

 

di Elisa Pedini

 

Apre al pubblico, domani, 22 settembre, al Building, la prima personale mai ospitata a Milano di Jan Fabre, artista, creatore teatrale e autore di straordinario eclettismo.

Così, il nuovo spazio della galleria inaugura il suo secondo anno con un’esposizione unica, curata da Melania Rossi, che occupa tutti e quattro i piani della struttura.

Infatti, le installazioni esposte al pubblico sono site-specific, ovvero, inedite al mondo intero, visto che provengono dalla collezione privata di Fabre.

In più, la selezione di opere è stata pensata proprio per lo spazio espositivo milanese, creando, anche, parallelismi e simbologie con le ambientazioni stesse.

Effettivamente, la mostra continua con due maestose opere esposte nei chiostri della Basilica di Sant’Eustorgio e nella Cappella Portinari.

Oggi, in press preview, la curatrice ci ha spiegato in modo incantevolele sia le opere che il loro simbolismo.

Tuttavia, prima di riportarvi le sue parole, voglio descrivervi il mio impatto con la mostra.

Per comodità dei lettori, ho ritenuto utile dividere la recensione in capitoletti, dedicati a ciascuna area dell’esposizione.

Piano terra

"Kainós Magazine® personale di Jan Fabre al Building i Castelli nell'Ora Blu"
Ph by Kainós Academy®

Le opere esposte al piano terra della galleria Building e che accolgono il pubblico, sono d’un bel blu acceso, caratterizzato da intriganti e cangianti sfumature, con al centro delle composizioni, apparentemente di foglie verde brillante, che assumono la forma d’un castello, o d’una torre, o d’uno stemma araldico, o d’una croce.

La sensazione che si prova è d’estrema quiete.

"Kainós Magazine® personale di Jan Fabre al Building i Castelli nell'Ora Blu"
Ph by Kainós Academy®

Poi, avvicinandosi, ci si accorge che il blu sono righe fittissime, tirate con la stessa tecnica utilizzata per il chiaroscuro e che le foglie, in realtà, non sono foglie, ma insetti-foglia.

A questo punto, lo stupore prende il sopravvento e quasi si desidera entrare dentro a quei lavori per scoprirne il significato, per vederci dentro.

"Kainós Magazine® personale di Jan Fabre al Building i Castelli nell'Ora Blu"
Ph by Attilio Maranzano per Building

Inoltre, è l’immagine magica di quello che m’ha ricordato una sorta di «strappo nel cielo di carta». Sì, un pezzo di cielo da Mille e una notte, che s’apre e incanta.

"Kainós Magazine® personale di Jan Fabre al Building i Castelli nell'Ora Blu"
Ph by Kainós Academy®

Al centro, un castello, che fluttua, nel sogno, nel blu.

Infine, maestosi, appaiono tre busti di uomini arabeggianti: fieri, bellissimi.

L’impatto è strano, perché hanno l’aria distaccata e lontana, pur essendo presenti.

Trasmettono un senso d’imponenza, pur essendo solo tre busti. La sensazione interiore che si registra è di movimento armonico, eppur son statici. Una staticità “dionisiaca”.

Soprattutto, nell’osservarli, si colgono pace e sicurezza.

Così, ci parla di queste opere Melania Rossi:

«Le opere esposte al piano terra della galleria ci presentano subito i due temi principali cari a Fabre (…).

Il primo, l’Ora Blu (…). Ovvero, quel momento tra la notte e il giorno, in cui, la vita notturna sta per addormentarsi, ma quella diurna non s’è ancora svegliata.

Ne consegue, un momento di perfetta simmetria e quiete. È il momento in cui tutti i processi vitali più importanti e delicati trovano il loro compimento. (…)

Per Fabre, il blu si concretizza e s’identifica con quello della penna Bic blu. (…)

Infatti, la penna Bic blu è d’uso comune, quindi, di facilissimo reprimento ovunque e costa molto poco (…), tutte caratteristiche preziose e vitali per un artista povero (…) che vive in una terra povera (…) com’era Fabre agli inizi della sua carriera.

Infine, l’inchiostro della Bic blu è particolarissimo. Infatti, contiene in sé molti altri colori, come il giallo, il rosso, il nero (…) che vanno a mescolarsi per produrre quel tipo preciso di blu, così cangiante e ricco di sfumature.

Il secondo tema, sono i Castelli (…).

Questi ci riconducono a alla favola, all’ambientazione magica e surreale (…), da un lato.

Dall’altro, a un mondo reale di cavalieri, (…), di guerrieri, di fortificazioni e di protezione.

Infatti, Fabre stesso si definisce: «Cavaliere della disperazione e guerriero della bellezza».

Ecco, qui, vorrei attirare l’attenzione sul concetto di “bellezza” che ha l’artista.

Oggi, è un termine un po’ abusato, (…) ma il concetto cui si rifà Fabre è un concetto antico, quasi greco (…). La “bellezza” intesa come un gancio verso un significato più profondo (…).

"Kainós Magazine® personale di Jan Fabre al Building i Castelli nell'Ora Blu"
Ph by Kainós Academy®

Il piano terra della mostra ospita cinque grandi disegni a Bic blu e insetti foglia, che sono composti in maniera tale da creare forme legate ai castelli (…).

Gli insetti-foglia possono camuffarsi con grande maestria (…). Sono fragili, ma a un tempo forti perché i loro corpi sono come armature (…).

Inoltre, le linee che s’intersecano, dando vita allo sfondo, sono tracciate con la tecnica tipica del disegno e divengono protagoniste dell’opera (…). Il desiderio di Fabre è anche quello di dare al disegno una sua dignità di opera monumentale.

Con questa tecnica, Fabre ha ricoperto scenografie e teatrali e un intero castello.

Infine, il piano ospita i tre Magi, tre saggi persiani.

Trattasi di tre busti in gesso, colorati con inchiostro Bic, steso con le mani. Estremamente evocativi, costituiscono un ponte con la simbologia delle opere esposte in Basilica».

 

Primo piano

 

La prima cosa che si prova entrando al primo piano è quella di essere catapultati in un sogno.

"Kainós Magazine® personale di Jan Fabre al Building i Castelli nell'Ora Blu"
Ph by Kainós Academy®

Nonostante, la press preview fosse gremita di colleghi, la sensazione interiore che si poteva registrare nella stanza era di pace, magia e silenzio.

"Kainós Magazine® personale di Jan Fabre al Building i Castelli nell'Ora Blu"
Ph by Kainós Academy®

Disegni dell’artista ricoprono la parete del corridoio, mentre la sala ci offre delle fotografie «biccate», per utilizzare un termine di Melania Rossi, da Fabre.

Così, la curatrice ci descrive le opere:

«Questo è il piano più utopico della mostra, perché ci riporta gli studi fatti per un progetto per il castello di Monopoli.

Tuttavia, il progetto non è mai stato realizzato (…).

Oggi, per la prima volta, ne vengono esposti gli studi (…).

"Kainós Magazine® personale di Jan Fabre al Building i Castelli nell'Ora Blu"
Ph by Kainós Academy®

Invece, lungo il corridoio, troviamo dei disegni di Fabre, che sono denominati Letters to Myself.

In particolare, vorrei attirare l’attenzione sull’auritratto che l’artista fa di se stesso, vedendosi come un cacciatore d’insetti.

Questa figura esisteva realmente nel Medioevo.(…)

S’aggirava per le città bardata, liberando dagli insetti. (…)

In realtà, il cacciatore d’insetti era una figura duplice, perché disinfestava, sì, in modo naturale, col miele, dagli insetti; ma, di fatto, se ne prendeva anche cura.

Inoltre, la sua figura era particolare, ai tempi (…), nel senso che veniva visto un po’ come un pazzo dalla gente (…)».

 

Piani secondo e terzo

Il secondo piano, di straordinaria bellezza, restituisce la stessa sensazione di pace.

Tuttavia, s’aggiunge un colore in più: quello della sensazione dello scorrere naturale del tempo e della mutevolezza della luce.

La sensazione è quella di calarsi in una dimensione “altra”, ove realtà e sogno si fondono.

Ciò, perché le foto esposte in quest’area, ritraggono lo stesso soggetto in diversi momenti della giornata.

Pur restando fisso il sogetto, a mutare sono i dettagli e questo rende tutto diverso e quasi onirico.

Lascio alle parole di Melania Rossi la descrizione delle opere:

«Qua si entra nel cuore della mostra (…).

Le opere ci mostrano il progetto di copertura del Castello di Tivoli, realizzato nel 1990.

Il castello si chiama così, in onore al reale castello italiano di cui i proprietari si innamorarono.

Tuttavia, la struttura si trova a Wolfskerke, in Belgio.

Anche qui, torna il desiderio di dare al disegno una sua dignità (…), un’aurea monumentale.

Il tema principale è: il tempo

Ovvero, il tempo nella sua duplicità: sia come misurazione, quindi durata sia come percezione.

Altra cosa che risalta, è come, col passare del tempo, possano cambiare anche le condizioni atmosferiche.

"Kainós Magazine® personale di Jan Fabre al Building i Castelli nell'Ora Blu"
Ph by Kainós Academy®

Questo piano è molto poetico e atmosferico.

Inoltre, i sette collages esposti in sala, si rifanno ai sette giorni della settimana e sono particolari legati al castello.

Trattasi di tirature, quindi, di pezzi assolutamente unici.

Il concetto dello scorrere del tempo e del mutare delle condizioni atmosferiche è, poi, ripreso e reso ben comprensibile, dal video in 35mm, proiettato all’ultimo piano , che completa il cuore della mostra e chiude la parte espositiva al Building.

Trattasi d’un video di 4 minuti in time-lapse, del 3 ottobre 1990, che riprende il Castello di Tivoli dalla stessa prospettiva.

Ciò che muta, è proprio la natura stessa: la luce dall’alba alla notta, il vento che si alza, l’acqua del lago che s’increspa, le nuvole che scorrono via (…)».

 

Chiostri di Sant’Eustorgio e Cappella Portinari

La personale di Jan Fabre continua in questi due luoghi storici e simbolici di Milano.

"Kainós Magazine® personale di Jan Fabre al Building i Castelli nell'Ora Blu"
Ph by Kainós Academy®

Senza nulla togliere alla potenza del messaggio passato e che, sicuramente, viene trasmesso, debbo ammettere che, l’esposizione della canoa congolese nel chiostro, è l’unica opera che m’ha lasciata perplessa e non m’ha convinta.

Tuttavia, i simbolismi sono chiari e molto forti e ce li spiega Melania Rossi:

«Nel chiostro di Sant’Eustorgio troviamo esposta una canoa congolese (…).

L’opera è composta da un collages di ossa umane e animali (…), i remi sono in vetro (…) e molto significative queste mani che sembrano immergersi nell’acqua (…). Il colore è sempre inchiostro blu Bic.

Quest’opera dal simbolismo molto forte, richiama la guerra sanguinosa del Congo Belga.

Inoltre, richiama e rievoca i reliquiari dei santi, esposti nel museo di Sant’Eustorgio (…).

In più, la Basilica stessa è costruita su un cimitero (…).

In aggiunta, l’affresco del Foppa dell’Assunzione della Vergine, riporta proprio tre imbarcazioni.

Nel simbolismo e nell’iconografia teologiche, la barca ha da sempre rappresentato il simbolo del passaggio dell’anima (…) del traghettamento verso l’Aldilà (…)».

"Kainós Magazine® personale di Jan Fabre al Building i Castelli nell'Ora Blu"
Ph by Kainós Academy®

A questo punto, si passa in Cappella Portinari, ove troviamo, invece, un’opera maestosa e d’incredibile impatto sia visionario che emotivo.

Inoltre, è la prima volta in assoluto che un’opera viene esposta in basilica.

Trattasi d’un’opera monumentale di 17 mq, del 1987, penna Bic blu su seta, intitolata “Un castello nel cielo per René”, perché rappresenta un omaggio a René Magritte. Semplicemente, stupefacente.

Purtroppo, la luce era fioca e nessuna delle foto scattate rende giustizia né all’ambientazione, né all’opera. Tuttavia, è qualcosa che va vissuto, perché è un’emozione che entra sotto pelle.

Sarà l’aura di sacralità, il silenzio, il luogo che respira con un suo ritmo di quiete sovrumana; ma si viene indotti a un’osservazione quasi estatica dell’opera.

All’incirca al centro, un castello da favola fluttua su un masso, chiara ripresa de’ Il Castello dei Pirenei di Magritte.

Così, ci parla dell’opera Melania Rossi:

«(…) ancor più con quest’opera si rafforza la volontà di mostrare il disegno come un’opera monumentale, con una sua dignità.

Inoltre, molto forte il simbolismo che fa da ponte tra i luoghi.

Infatti, in Basilica, ci sono le reliquie dei Magi, che si ricollegano a quei Magi, a quesi tre saggi persiani, che abbiamo visto al piano terra al Building».

 

 

Gallery by Attilio Maranzano per gentile concessione di Building:

 

 

 

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