Teatro Filarmonico: Lonquich apre la stagione sinfonica

INAUGURATA UFFICIALMENTE IERI SERA LA STAGIONE SINFONICA 2020 AL TEATRO FILARMONICO DI VERONA

 

 

UNO STRAORDINARIO ALEXANDER LONQUICH

APPASIONA E INCANTA IL PUBBLICO

CON IL CONCERTO DEDICATO A WOLFGANG AMADEUS MOZART

 

in replica oggi alle ore 17:00

 

 

 

di Elisa Pedini

 

 

Ph by Ennevi per Fondazione Arena

Ufficialmente aperta ieri sera la stagione sinfonica 2020 al Teatro Filarmonico di Verona, dove uno strepitoso Lonquich apre con il primo concerto dedicato a Wolfgang Amadeus Mozart.

Questo evento, contestualmente, chiude la settimana di eventi dedicata alla ricorrenza dei 250 anni dalla visita a Verona del genio salisburghese ed apre la stagione concertistica.

Sublimi protagonisti: Alexander Lonquich al pianoforte e alla direzione d’orchestra e l’Orchestra dell’Arena di Verona.

Uno straordinario Lonquich appassiona, coinvolge, incanta il pubblico.

Ph by Ennevi per Fondazione Arena

Disposizione tradizionale classica per l’orchestra che ci mostra i secondi violini contrapposti ai primi, aprendosi circolare sulla profondità ed espansione del suono di viole, violoncelli e contrabbassi.

Sicuramente, laddove, il suono lirico dei secondi violini viene spinto più verso l’interno, piuttosto che verso la platea, esso viene restituito caldo ed espanso a un pubblico in estasi, che mostra il suo trasporto in incessanti applausi.

Infatti, la sensazione è proprio quella d’essere rapiti da un impasto timbrico compatto, solido, che non conosce incertezze.

Così, il concerto s’è aperto ed è proceduto.

Ph by Ennevi per Fondazione Arena

Come un respiro, regolare e armonico, che trascina il pubblico in un altrove dove sfumature, vibrazioni e colori vengono sentiti e vissuti appieno in tutta la loro potenza.

Potrei chiudere qui la recensione e invitarvi, semplicemente, ad andare a vivere quest’esperienza meravigliosa; ma farei un torto alla maestria e bravura dei protagonisti.

Dunque, un portentoso Alexander Lonquich apre, dirigendo l’Orchestra dell’Arena di Verona nell’Ouverture tratta da Le Nozze di Figaro (K 492, opera lirica, 1785).

Decisamente convincente il ritmo e il respiro che il Maestro sceglie per la sua direzione.

Esecuzione straordinaria dell’orchestra e quella magia che v’ho descritta sopra ha travolto il pubblico.

Eccellenti i crescendo, puliti, senza increspature, hanno fatto vibrare l’anima degli ascoltatori.

A tal riguardo, è impossibile descrivere tali vibrazioni a parole, bisogna viverle.

Ph by Ennevi per Fondazione Arena

Quindi, ecco che gli ottoni se ne vanno e il Maestro prende il suo doppio ruolo, di pianista e direttore. Quello che fu di Wolfgang in primis.

È il momento del Concerto per pianoforte e orchestra n.27 in si bemolle maggiore (K 595, 1791).

In questa squisita composizione, l’orchestra si riduce perché. probabilmente, Mozart la compose per essere rappresentata in circoli ristretti, privati.

Non da escludersi i vivissimi circoli dei caffè viennesi, o l’austero ambito accademico.

Mi piace sottolineare l’estrema difficoltà esecutiva, fatta di contrasti forti e cadenze rigide.

Esattamente, il gioco tipico di Mozart del contrasto tra piano e forte, qui s’estremizza.

Alle volte, si tende a osare, esasperando tali contrapposizioni.

Ph by Ennevi per Fondazione Arena

Invece, Lonquich mantiene la sua scelta direttiva, decisa, potente; ma fluida, senza strappi.

Ne consegue che la solida eccellenza esecutiva porti il pubblico al climax del visibilio.

Lievissima incertezza dei legni sul primo attacco; ma è pura pignoleria di critico.

Infatti, il primo tempo del concerto sembra proprio non voler terminare.

Il pubblico applaude incessante richiamando costantemente Alexander Lonquich sul palco e non consentendo all’Orchestra di muoversi. Sublime!

Ph by Ennevi per Fondazione Arena

Per conseguenza, il Maestro concede il primo bis, deliziandoci con l’Improvviso di Chopin.

Tuttavia, il pubblico non è ancora sazio e brama. Gli applausi scrosciano e non conoscono sosta.

Così, Lonquich ci regala una seconda perla: il Minuetto di Mozart.

Per l’ultimo brano, la Sinfonia n. 41 in Do maggiore, meglio nota come “Jupiter” (K 551, 1788), l’orchestra rientra al completo.

Dal podio, Lanquich dirige un capolavoro d’impeccabile esecuzione.

Qui, mi piace indulgere su un aspetto preciso: il fugato finale.

Esattamente, divino.

 

 

 

 

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