PILLOLE DI: nascita della letteratura italiana

PILLOLE DI:

 

 

LETTERATURA ITALIANA

 

NASCITA DELLA LETTERATURA ITALIANA

 

 

 

di Elisa Pedini

 

 

Mentre per le lingue francese e tedesca è stata convenzionalmente stabilita una data certa, ovvero: il 14 febbraio 842, quando, Carlo il Calvo e Ludovico il Germano, dovendo giurare davanti ai loro eserciti (Giuramento di Strasburgo) lo fecero rispettivamente in francese ed in francone.

Altrettanto non si può essere precisi con la lingua italiana e ancor meno con la nascita della letteratura italiana.

Diciamo che la si fa risalire al 1200.

Di fatto, una letteratura di pregio latina o romana esisteva già, quale espressione d’una civiltà.

La dissoluzione dell’Impero romano fissa la nascita d’una letteratura medievale o mediolatina.

Invero, questa è espressione d’una letteratura supernazionale, nel senso che si rivolgeva alla cristianità tutta.

Come sottolineava Schlegel «un’unità di letteratura che sottintendeva un’unità di fede e di cultura».

Seppur, già dall’VIII secolo si rintracciano documenti che attestano la necessità del volgare per essere capiti al di fuori della cerchia ecclesiastica.

Dall’VIII al XII il volgare viene usato sempre più ampiamente sia per usi pratici che per scopi più prettamente letterari.

Per esempio, l’Indovinello Veronese datato tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX e soprattutto i Quattro Placiti Cassinensi, datati tra il 960 ed il 963, che sono documenti giuridici in volgare, primi documenti di un linguaggio cancelleresco, cioè dotto.

Cosa accade dunque nel 1200?

Nel 1200 s’instaura un processo di volgarizzazione che segna e provoca la formazione d’un pubblico nuovo.

Infatti, disgregatosi l’Impero Romano, il latino, che era parlato già con inflessioni diverse a seconda delle diverse zone, va ulteriormente differenziandosi non solo a livello di territori; ma anche all’interno dei territori stessi, operando un distacco tra lingua parlata e lingua scritta.

Il medio latino, utilizzato dai chierici non si distaccava poi molto dal latino primigenio e veniva utilizzato da coloro che sapevano scrivere appartenenti alla medesima classe ecclesiastica.

Al contrario, coloro che parlavano soltanto, laici, utilizzavano ormai il volgare, che andava distaccandosi sempre di più dal latino e dava vita a diversi vernacoli.

Da qui, i primi tentativi di scrittura in volgare per farsi comprendere dai laici.

Chi scriveva in volgare si rivolgeva ad un pubblico esclusivamente italiano; ma poteva essere capito da tutti gli italiani, anche da chi non capiva altro che il suo volgare.

Quindi, se una parte restringeva il suo pubblico; dall’altra lo ampliava.

Questo rivolgersi ad un pubblico italiano e non più supernazionale portava alla formazione di una letteratura nazionale, ovvero, una letteratura italiana.

Di fatto, fino al XIII secolo il volgare e il latino coesistono.

Il volgare è ormai lingua letteraria e culturale; ma l’influenza delle scuole e della chiesa rendono il latino una lingua ancora viva.

Il latino ed il volgare vengono usati o l’uno o l’altro a seconda della gravità e dell’importanza dell’argomento trattato.

Basti pensare a Dante ed alla sua produzione letteraria.

La letteratura italiana sorge comunque in volgare, tanto che si può dire che nacque un’attività letteraria italiana solo nel momento in cui si cominciò a comporre in volgare a fini o con caratteri letterari.

Pertanto, ciò che segna l’origine della letteratura italiana è un fatto linguistico, un’esigenza linguistica, con il concorso di numerosi altri fattori: il frazionamento politico e quindi sociale della penisola, il sostrato profondamente culturale latino e mediolatino che sottende la nuova letteratura volgare, il sostrato culturale in lingua d’oc1, il sostrato culturale in lingua d’oil2 e il formarsi dei Comuni con la conseguente nuova struttura sociale3.

Il Duecento e il Trecento sono secoli molto complessi.

Infatti, proprio dalla loro complessità deriva la difficoltà di dar loro un nome.

Sono stati indicati come “autunno” o “tramonto” o “declino del Medioevo” o come “età di transizione”.

Questa differenza di denominazioni sottolinea l’innestarsi sulla vecchia concezione feudale e religiosa di una nuova concezione sociale, moderna, borghese.

Tuttavia, essa minò, sì, alla base la vecchia società, ma non fu così forte da poterla distruggere definitivamente.

Infine, il Comune immise, sì, una nuova cultura ed una nuova società; ma queste erano troppo recenti per poter porre in discussione gli ormai radicati principi della vecchia società.

 

 

 

 

 

1-  Oltre alle due letterature classiche, latina e mediolatina, i primi scrittori avevano come esempi anche le letterature volgari che si erano già formate fuori d’Italia. Una di queste è la tradizione che si sviluppa nel sud della Francia, in Provenza, dove si parla la LINGUA D’OC. Questa tradizione occitanica ispirò, nelle regioni più contigue alla Provenza, una poesia sui temi provenzali, naturalmente vòlta ad un pubblico ristretto. Abbiamo i primi “TROVATORI ITALIANI”: Lambertino Buvalelli, Lanfranco Cigala, Perceval Doria, Bartolomeo Zorzi, Sordello da Goito. La poesia provenzale ebbe risonanza anche nel Sud alla Corte di Federico II, dando origine alla “Scuola Siciliana”.

2-  Esempio di letteratura volgare che si sviluppa nel nord della Francia, dove si parla la LINGUA D’OIL. E’ una tradizione letteraria basata sui “romanzi cortesi”, poesia epica, poesia didattica, satirica e realistica. Giunse in Italia la MATERIA DI BRETAGNA: Re Artù ed i suoi “cavalieri” della “tavola rotonda” e la MATERIA DI FRANCIA: Carlo Magno ed i suoi invincibili paladini. Rispettivamente denominati: Il CICLO BRETONE ed il CICLO CAROLINGIO. Il primo, romanzesco-cortese, incentrato sull’amore e sull’avventura interessava più gli ambienti aristocratici. Il secondo, epico-religioso, incentrato su valori quali la dedizione alla fede, alla Francia, all’imperatore, attirava di più un pubblico popolare. Dalla Francia giungeranno i LAI amorosi o fiabeschi, i fabliaux satirici e osceni ed infine il ROMAN DE LA ROSE, primo esempio di poema didattico a carattere enciclopedico, ove era condensato tutto il sapere del tempo in una narrazione tra il galante e l’avventuroso, composto nella prima parte da Guglielmo di Lorris, nella seconda da Giovanni di Meun. Gli stretti rapporti politici e commerciali tra Italia e Francia spiegano come fu facile per questa letteratura prendere campo ed influire notevolmente sugli scrittori del tempo. Inoltre, verso la metà del ‘200 la Corte Sveva cadde e subentrarono gli Angiò, che conquistarono il Regno di Sicilia. Caratteristica del casato fu lo stretto contatto con il popolo, particolare questo che le permise d’estendere il suo influsso anche nell’Italia centrale. Ciò spiega il perché alcuni italiani scrissero in francese o lingua d’oil (ad es.: Brunetto Latini) e il perché in molte Corti italiane si parlasse il francese ritenendolo una lingua elegantissima.

3-  Il formarsi di queste nuove entità politico-sociali, i Comuni, che pur restando parte dell’impero si andavano configurando ed organizzando come nuclei autonomi con traffici commerciali e vere e proprie industrie, comportò lo spostarsi della vita dalla campagna alla città ed il costituirsi d’una terza classe sociale quella BORGHESE, produsse notevoli influssi sulla cultura. Le città si sviluppano, s’arricchiscono, crescono, divengono rivali, ognuna tende ad affermare la propria individualità con opere che attestino non solo il rigoglio economico; ma anche l’orgoglio municipale. Nasce una scuola ed una cultura laica o borghese; i nuovi intellettuali sono mercanti, giuristi, uomini che vivono nella loro società e per la loro società. Il Comune portò nel ‘200 capovolgimenti economici, culturali e politici notevoli. Le vecchie classi egemoni furono spazzate via e la nuova classe borghese venne a prendere il loro posto. I borghesi si aristocratizzavano, gli aristocratici si borghesizzavano; si forma una “aristocrazia borgheseche guarda con disprezzo ed irrisione ai “villani”, alla “gente nova”, venuta su dal nulla provocando così delle sommosse di tipo proletario. Tutto ciò si riflette anche, inevitabilmente, nella cultura. Il carattere borghese della società comunale spiega le invettive tanto frequenti contro la corruzione dei costumi ed il rimpianto del tempo antico. Questo amalgamarsi di ideologie antiche e moderne comportò che le sovrastrutture mentali feudali sopravvivessero anche dopo il crollo del feudalesimo.

 

 

 

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