RICORDANDO L’AULA: IL MEGLIO DEL 2019

RICORDANDO L’AULA:

prima puntata

IL MEGLIO DEL 2019

 

 

TORNEREMO AD APPRENDERE, A RIDERE, A SFIDARCI, AD ABBRACCIARCI, PIENI DI GIOIA PERCHÉ CE L’AVREMO FATTA, ANCORA UNA VOLTA, INSIEME!

 

 

 

di Elisa Pedini

 

 

 

Devo ammetterlo, l’aula mi emoziona ancora.

E questa vuol essere una scarrellata nostalgica di quanto di più umano e meraviglioso io ho vissuto e presto tornerò a vivere con i miei amati discenti.

Sì, l’aula, il contatto umano, la sinergia, il condividere, il crescere e il non-crescere-mai, insieme!

Sì, perché dove c’è cultura, c’è sempre casa; c’è sempre un luogo sicuro che t’accoglie.

Il contatto più umano e sublime che esista al mondo.

Dopo anni e anni di questo lavoro, mi emoziono ancora, come il primo giorno.

Ogni persona è un mondo.

Per me, entrare in aula, significa iniziare uno dei più intriganti e fantastici viaggi fra mondi, tutti diversi e tutti da scoprire.

Ognuno meraviglioso e con le sue caratteristiche uniche, date dalle sue conoscenze, il suo vissuto, la sua sfera cognitiva e la sua sfera emotiva.

Persone che tra loro non si conoscono e che hanno un solo filo conduttore: me, la docente.

La responsabilità più grossa e pesante che possa esistere, ma anche la più magica.

Generalmente, entravo in aula, mi presentavo e lasciavo che ognuno si presentasse.

Immaginate: persone che non si conoscono, con età diverse, lavori diversi, vissuti diversi.

È normale la ritrosia, o lo sguardo che sfugge, o che s’abbassa, o la voce che si fa più sottile.

Ecco, questa credo che sia l’unica vera differenza tra l’aula fisica e l’aula web.

I miei modi di fare e muovermi non cambiano, ma cambia l’atteggiamento dei discenti. Forse, perché si sentono protetti dal monitor e diventano più spavaldi, nella pia illusione che nessuno li veda.

In realtà, è tutto come nell’aula reale. La differenza è che chi parla non sente il peso materico dello sguardo degli altri addosso e il suo cervello non gli restituisce il messaggio d’ “allerta pericolo”.

Ma, torniamo tra le mura d’un’aula fisica e immaginate ancora: siete lì, seduti al banco, tra sconosciuti e la vostra docente, che vi chiede di voi e dei vostri sogni.

Inusuale, vero?

Eppure, è il primo semino, che, presto, butterà fuori la sua fogliolina.

Oggi, nessuno chiede “come stai?”, volendo davvero ascoltare la risposta e ancor meno troviamo qualcuno che sia interessato ai nostri sogni.

Ci siamo talmente disabituati ad avere davanti qualcuno interessato al nostro mondo interiore, che siamo arrivati all’assurdo cosmico da averli quasi dimenticati noi per primi, i sogni.

C’è un perché faccio questo, ma è un perché americano e non posso buttarci dentro i miei pupils, così, ex abrupto.

Adesso, immaginate, dopo questo «ciarlare», la docente vi dice di lasciare i banchi, alzarvi, muovervi, liberi, nel corpo, come nella mente.

Perché, apprendere significa essere liberi. Prima di tutto.

C’è un perché in tutto questo, ma, nemmeno in questo, posso buttarceli dentro ex abrupto.

Bisogna che ce li faccia arrivare, piano, piano.

Spesso, l’educazione che viene impartita porta a non conoscersi affatto ed è un peccato, perché se fare i conti con “lo specchio” all’inizio è dura, poi, però, è la strada per la felicità.

Certo, non è semplice cambiare il punto di vista verso se stessi, il mondo, la vita.

Tuttavia, quando i discenti prendono consapevolezza che se invece d’approcciare le loro sfide pensando “non ce la faccio”, ovvero, guardando il recinto, il limite, davanti ai loro occhi, le affrontano pensando “è difficile, ma ci provo”; allora, è nella squisita natura umana, appoggiare le mani su quel dannato recinto e cominciare a scavalcarlo.

Nessuno va a raccontare che sia facile e nemmeno semplice; magari il legno è pure grezzo e le stecchette s’infilano nella mani e fa male, tanto!

Ma, ora, immaginatevi al di là di quel recinto, ce l’avete fatta e voi, da soli, perché il Maestro, in realtà, non vi ha seguito, è rimasto lì, dietro al recinto a guardarvi, compiaciuto, mentre entrate negli «interminati spazi» della vita!

 

 

 

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