ArtTech: incontro tra arte e tecnologia. Presentato il progetto alle Gallerie d’Italia di Milano

«ArtTech: la tecnologia al servizio dell’arte»

 

Presentato ieri alla stampa l’innovativo e avveniristico progetto di Intesa Sanpaolo

 

 

di Elisa Pedini

 

 

ArtTech, ovvero, la più avanzata tecnologia applicata all’arte per analizzare e codificare le reazioni emotive davanti dalle opere d’arte, al fine di supportare: l’esposizione, la fruizione e il restauro del patrimonio. La tecnologia al servizio dell’arte per creare il museo di domani.

Arte e Innovazione, presentato oggi alla stampa, è un progetto avveniristico, sfidante ed estremamente affascinante, che nasce dalla collaborazione di Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo e Intesa Sanpaolo Innovation Center con la società TSW, specializzata in neuromarketing.

Un incontro coinvolgente e affascinante, tra tecnologia e arte che Michele Coppola, Direttore Centrale Arte, Cultura e Beni Storici Intesa Sanpaolo, ci introduce:

«Intesa ha deciso di trasformare alcuni spazi e dedicarli alla cultura, perché per la banca è un aspetto molto importante. Come importante è studiare il patrimonio e studiare nuove possibilità di fruizione più efficaci, ma sempre rigorosamente rispettose del patrimonio»;

e Mario Costantini, Direttore Generale Intesa Sanpaolo Innovation Center, ci spiega:

«La tecnologia può essere molto positiva. Quando aiuta l’uomo a migliorare la vita, allora, sì, si chiama progresso.

L’arte è un motore potente e riesce a muovere persone in tutto il mondo.

Si è partiti da due domande: come dare forma alle emozioni? Quali zone del cervello si attivano quando guardiamo il bello?

L’obiettivo era duplice: da un lato, portare chi espone a comprendere qual è il miglior modo d’esporre, il più efficace e dall’altro, rendere l’esperienza della fruizione ancor più profonda, in modo da lasciare qualcosa d’impresso nella memoria delle persone».

 

Il vivo dell’incontro è stato caratterizzato dalle spiegazioni neuroscientifiche e dalla presentazione del pilota su cui il progetto ha poggiato.

 

«Le emozioni e il loro impatto sono molto importanti» afferma il Professor Pietro Pietrini, Direttore IMT School for Advanced Studies di Lucca «il Premio nome a Thaler ci dimostra che questo vale anche in economia.(…)

Quello che succede nel cervello quando si guarda l’arte, la bellezza, è una vera opera d’arte. (…)

L’arte, superficialmente, potrebbe sembrare fine a se stessa, non essenziale per l’esistenza.

Al contrario, è provato che ciò che è bello, è interpretato dal nostro cervello come sinonimo di buono, di qualcosa che fa bene.

Basti pensare alla simmetria. Per lo più le patologie sono dovute ad asimmetrie (…)

Quando c’è l’ammirazione dell’arte le strutture neuronali coinvolte sono le stesse che si attivano nel discernere il bene dal male. Generalizzando, possiamo dire che l’arte porta al bene, alla scelta del buono».

 

Devo ammettere che questo accostamento scienza-etica-arte mi ha affascinata moltissimo. Tematica che varrebbe un convegno da sola.

 

Per la parte relativa alla fruizione e quindi, al desiderio di lasciare qualcosa d’importante impresso nella memoria dei fruitori, una volta usciti dalla mostra, il progetto s’è basato sulla sperimentazione d’un pilota estremamente sfidante e all’avanguardia, illustratoci da Sonia D’Arcangelo di Intesa Sanpaolo Innovation Center e da Christian Caldato di TSW.

Mi piace descrivervelo con cura perché l’ho trovato formidabile.

Sono state usate tre attrezzature diverse:

 

– il monitoraggio oculare: ovvero il numero di fissazioni medie per determinare le aree d’interesse su un’opera d’arte

– la registrazione delle onde cerebrali: ovvero la misurazione delle frequenze per determinare i picchi emozionali

– il braccialetto per conduttanza cutanea: ovvero la misurazione della variazione di risposta galvanica della pelle agli stimoli emozionali

 

Al pilota hanno partecipato trenta persone, indossando tutte le attrezzature ed è stato chiesto loro di fissare le opere da seduti per trenta secondi, quindi, per un altro minuto, muovendosi liberamente.

Le opere selezionate per il pilota sono state quattro:

 

– Il Martirio di Sant’Orsola del Caravaggio

– Il Martirio di Sant’Orsola di Strozzi

– Il Martirio di Sant’Orsola di Procaccini

– L’Ultima Cena di Procaccini

 

I risultati sono interessantissimi:

nel quadro di Caravaggio il volto più guardato è Attila, poi la Santa, che si mostra morente e sbalordita, attirando lo sguardo che vi sosta più a lungo, infine la freccia. (la foto di copertina indica proprio i punti d’interesse)

Al contrario, il rosso del vestito di Attila non attira attenzione

La Sant’Orsola dello Strozzi è raffigurata già in estasi ed è lei ad attirare l’attenzione; altrettanto vale per quella di Procaccini che ha sembianze molto angelicate.

L’Ultima Cena è un’opera sui generis date le dimensioni, ma è il volto di Gesù il fuoco, poi, lo sguardo spazia da destra a sinistra alla ricerca del traditore, sostando in particolare sulla sinistra; nessuno guarda sotto il tavolo.

Il maggior impatto emotivo è provocato dal Caravaggio e dall’Ultima Cena, seppur con trend differenti: Sant’Orsola sale con forte picco e s’assesta, mentre, per l’Ultima Cena sale, decresce e si stabilizza. L’engagement dei fruitori resta fisso, nonostante il passare del tempo.

Da questo si deduce che Caravaggio genera forte emozione e sensazione di benessere.

 

Queste informazioni sull’impatto emotivo sono molto importanti, perché consentono di creare percorsi museali più soddisfacenti, che possano consentire una migliore memorizzazione attraverso le esperienze emotive e quindi, consentire ai fruitori di portare con sé ricordi più intensi e di benessere.

Inoltre, consentono di creare supporti adeguati, come le audioguide per esempio, che vadano a colmare tutte quelle informazioni che non arrivano al fruitore in modo naturale: ad esempio, fornire informazioni su quella parte dell’opera su cui lo sguardo tende a sorvolare.

 

Per la parte relativa al restauro e quindi, alla conservazione del patrimonio, a parlare è stata Federica Valentini, Ricercatore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche dell’Università Tor Vergata, dove sono stati creati due materiali nanostrutturati naturali: un carbonato di calcio e un collagene animale, considerati l’eccellenza della tecnologia del restauro, tanto da ottenere dal MIBACT la certificazione di prodotti di alta qualità e l’autorizzazione a utilizzarli sui beni originali.

Mi piace qui sottolineare come il collagene, non solo recupera le pergamene e i testi, ma svolge una vera e propria azione ricostruttiva. Di fatto, agisce come un filler, andando a riempire e colmare, perfettamente, i degradi delle pergamene.

 

Infine, un occhio sul museo di domani e sul mondo digitale con Stefano Bertuzzi, AD di MuseOn. Grazie a MuseOn, App già in uso presso la sede delle Gallerie d’Italia a Napoli, la consultazione dei dati aggiuntivi quali, ad esempio, foto in alta definizione, video, realtà aumentata, diviene rapida, leggera e sicura, perché scaricabile in assenza di internet.

Inoltre, la piattaforma utilizzata, chiamata Post Internet Era, è molto leggera e molto sicura perché blocca la possibilità di copiare i dati e la possibilità d’intrusione.

 

 

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