Children of Nobody: recensione al film

CHILDREN OF NOBODY

 

TERZA PELLICOLA IN PROGRAMMA

AL PITIGLIANI KOLNO’A FESTIVAL

STASERA ALLE 21:30

PRESSO

CASA DEL CINEMA

Villa Borghese

Largo Marcello Mastroianni, 1

ROMA

 

 

RECENSIONE AL FILM

 

 

 

di Elisa Pedini

 

 

 

Children of Nobody per la regia di Erez Tadmor, è la terza pellicola in programma al Pitigliani Kolno’a Festival – Ebraesimo e Israele nel Cinema, trasmessa stasera presso la Casa del Cinema a Villa Borghese in Largo Marcello Mastroianni, 1 a Roma.

Ingresso libero fino a esaurimento posti, consigliabile la prenotazione.

La pellicola, drammatica e ambientata a Tel Aviv, ci porta dentro alla vita difficile delle fasce più deboli, quelle che sopravvivono a stento nel degrado ai margini della società.

In particolare, quando si parla di bambini e ragazzi abbandonati a loro stessi.

Le nostre periferie sono piene di questa umanità e le case famiglia sono realtà  a noi note.

Infatti, è proprio in una casa famiglia e attorno a questa casa che ruota l’intera vicenda.

La pellicola inizia con un canto popolare, mentre la telecamera corre per i vicoli insieme a un uomo, che scopriremo essere Jackie, interpretato da Roy Assaf, che gira con un carrello della spesa a raccattare materiali di risulta.

"Kainós® Magazine: Children of Nobody recensione al film, foto di scena"
Tiki Dayan e Roy Assaf nei ruoli di Margalit e Jackie – Ph per gentile concessione US PKF2023

Quella voce, profonda, baritonale, struggente, canta tutto il dramma delle periferie e in quel verso di chiusura “(…) riempiamoci i polmoni e scordiamoci tutto”, mi ha ricordato la nostra canzone napoletana Semmo ‘e Napoli, paisa’, tanto criticata in modo spicciativo, ma, in realtà, specchio d’un dolore che è meglio lasciarsi dietro alle spalle in un passato che non appartiene più a nessuno, per poter tentare di sopravvivere nella chimera d’un futuro.

Jackie è l’assistente di Margalit, interpretata da Tiki Dayan, una donna di mezza età che usa casa sua come casa famiglia, un rifugio sicuro per i ragazzi allo sbando, i figli di nessuno, di cui a nessuno importa, lasciati in strada a perdersi o a morire.

In realtà, anche Jackie era uno di loro, ha scelto di restare con Margalit e darle una mano come tuttofare.

Altresì, la casa non è esattamente di proprietà della donna.

Infatti, suo padre pagò solo un terzo del valore e lei va avanti a pagare un affitto agevolato.

Inoltre, la donna, non avendo eredi, subisce pressioni per vendere e l’avvocato le consiglia d’accettare l’offerta.

Tuttavia, Margalit non ha nessuna intenzione di farlo perché aiutare i suoi ragazzi a farsi una qualche sorta di vita è la sua missione e sa che se vendesse, i «suoi laureati», come li chiama lei, si perderebbero.

In più, sa anche che finché lei sarà in vita, nessuno potrà sfrattarla.

Seppur, le pressioni si siano già trasformate in un’ordinanza di sgombero e si ritrovi pure un’assistente sociale alle calcagna.

Esattamente, interessi economici e corruzione, che giungono fino al primo cittadino, impediscono, di fatto, ogni forma di trattativa.

"Kainós® Magazine: Children of Nobody recensione al film, foto di scena"
Roy Assaf nel ruolo di Jackie – Ph by Amit Yasur per gentile concessione US PKF2023

Margalit rappresenta tutto per i suoi ragazzi: protezione, amore, educazione. In più, li fa studiare e cerca di dar loro una vita trovando loro lavoro.

Tuttavia, forse è anche fin troppo protettiva perché quando i ragazzi si troveranno a doversi gestire non saranno neppure in grado di farsi la colazione da soli e Jackie, per quanto cerchi di fare il massimo del suo meglio, non ha raggiunto quella stabilità emotiva e quella maturità necessarie per prendere veramente in mano la situazione e gestirla.

Purtroppo, in tanta disperazione, non può che andare sempre peggio.

Children of Nobody risulta una pellicola di forte impatto emotivo, molto coinvolgente e solida, sia nella narrazione che nell’evolversi degli eventi.

Tadmor compie una regia veramente geniale e sapiente, dove senza mai trascendere in macchinosità o eccessi, riesce a mettere il punto e a passare il messaggio forte e chiaro soltanto attraverso il susseguirsi della storia, delle inquadrature e dei dettagli. Una regia sapiente che evidenzia il contrasto tra il lusso e la povertà estremi, tra la legge dell’interesse economico a ogni costo e quella del lavoro più duro di tutti: sopravvivere.

Concludo, consigliando fortemente la visione di questo film.

 

 

 

 

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