OGNI TUO RESPIRO: recensione

OGNI TUO RESPIRO

 

 

 

 

LA CORAGGIOSA VITA DI ROBIN CAVENDISH

 

 

 

di Elisa Pedini

 

 

 

OGNI TUO RESPIRO, nelle sale italiane dal 16 novembre, per la regia di Andy Serkis, è una pellicola, da vedere, decisamente. Una storia vera, resa con agghiacciante realismo, ma non per questo cruda, o distaccata. Il racconto d’un amore forte, romantico e indomabile; persino davanti alla sciagura d’una malattia che non perdona; ma, non per questo melodrammatico, o sdolcinato.

Insomma, OGNI TUO RESPIRO, è un film ben fatto, solido ed equilibrato, che va visto e su cui riflettere.

Ciò che fa ulteriormente, apprezzare questo film, è il fatto che il produttore è Jonathan Cavendish, ovvero, il figlio del protagonista, Robin Cavendish.

Certo, il rischio che venisse fuori un polpettone melenso ed esacerbato, era alto; tuttavia e per fortuna, non è così.

Infatti, Jonathan si fa “cronaca”, si fa “storico” della vita della sua famiglia e il regista ce ne dà una trasposizione cinematografica buona e potente, regalandoci una storia bellissima, scevra da sentimentalismi, che poco avrebbero avuto a che fare con due personalità travolgenti e determinate come quelle di Robin e Diana Cavendish.

I due giovani si conoscono nel 1957, a una partita di cricket, per caso. Lui, è bello, carismatico, sportivo e con un sorriso disarmante; lei, è bellissima, ma ha fama d’essere irraggiungibile. Come in ogni favola, i due s’innamorano e si sposano. Appena un anno dopo, vanno in Kenia per gli affari di Robin, che commercia in tè. Va in Africa per cercarne e selezionarne particolari tipologie per poi rivenderle sul mercato.

Una fotografia accurata e incantevole, unita a un’atmosfera da favola, fanno dimenticare allo spettatore la trama del film. Addirittura, Diana, comunica al marito d’essere incinta e la coppia sfiora il cielo con un dito. Tutto sembra perfetto.

Tuttavia, la vita non è una fiaba. A Nairobi, in ambasciata, durante un sereno pomeriggio, Robin, comincia a non sentirsi bene. Si sente fiacco, le gambe non lo reggono. Nessuno, lui per primo, dà troppo peso alla cosa.

Durante la notte, però, le sue condizioni peggiorano rapidamente. Quando viene trasportato in ospedale, Robin non riesce più a muoversi, né a respirare, né a parlare. Per consentirgli di respirare, gli eseguono una tracheotomia e lo attaccano a un respiratore esterno. Quando Diana parla col medico, il verdetto è chiaro, terrificante e definitivo: poliomielite. Il dialogo con l’attonita, giovane moglie, è agghiacciante. Sentirlo definire la malattia come una cosa semplice da contrarre, è stato terrificante: «goccioline nell’aria», spiega il medico. Ho sentito un groppo in gola e la mia reazione è stata come quella di Diana: immobile, muta, impotente. La paresi è irreversibile e la sua vita dipenderà, per sempre, da una macchina che respira per lui. L’unico lato positivo è che nessun malato di polio sopravvive molto a lungo, qualche settimana, mese, forse. Diana è prostrata, ma mai quanto Robin, che, cade in una depressione profonda. «Fatemi morire» chiede.

Tuttavia, la moglie, pur soffrendo, non s’arrende. È il 1960 quando la signora Cavendish riesce a riportare tutta la sua famiglia in Inghilterra. Con incredibile forza d’animo, resta legata al marito e lo lega alla vita. Fino a quando non gli chiede come può alleviargli un po’ il tormento. Il solo desiderio di Robin è uscire dall’ospedale. Diana, con determinazione e incrollabile forza di volontà, s’attiva e riesce nell’impresa, contro tutto e contro tutti. Robin torna alla vita e può stare anche vicino al figlio, il piccolo Jonathan. Inoltre, grazie all’amico, Teddy Hall, geniale inventore, che gli costruisce una sedia a rotelle con respiratore incorporato, Robin comincia a uscire e torna a trovare i suoi amici degenti all’ospedale.

Compiendo quest’atto di sfida, Robin diventa già un pioniere, ma è soltanto l’inizio di una lunga crociata in difesa di altre persone gravemente disabili che hanno, come lui, il diritto di beneficiare di quel grado di mobilità per cui ha tanto lottato.

Spiazzando i medici specialisti solo con la sua sopravvivenza, Robin lotta instancabilmente per tutelare i diritti dei disabili, con l’amata moglie Diana sempre al suo fianco. La sua sarà un’azione fondamentale e importantissima.

Contro ogni previsione, la grave malattia ha dato a Robin un nuovo scopo nella vita: lottare instancabilmente per la tutela dei diritti delle persone disabili. L’amore che Diana e Robin provano, una per l’altro, permea di una certa gioia, se non addirittura felicità, la loro avventura.

OGNI TUO RESPIRO è un film veramente intenso, impattante e da vedere, proprio per quella forza che comunica, per quell’amore che trasmette, per quanto, ovviamente, resta una pellicola drammatica e molto realistica. Com’è giusto, a mia opinione.

Molto intensa anche la recitazione dei due protagonisti: Andrew Garfield, nel ruolo di Robin Cavendish e Claire Foy, nella parte di Diana Blacker.

 

 

 

Gallery per gentile concessione di Bim Film:

 

 

Articoli correlati:

NEVER ENDING MAN. HAYAO MIYAZAKI: recensione al film

AUGURI PER LA TUA MORTE: recensione al film

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *