«HITLER CONTRO PICASSO E GLI ALTRI»: recensione al film

HITLER CONTRO PICASSO E GLI ALTRI

L’OSSESSIONE NAZISTA PER L’ARTE

 

Date uniche per l’Italia: 13 e 14 marzo

 

 

 

di Elisa Pedini

 

 

In anteprima mondiale, in 320 sale italiane, solo per le date: 13 e 14 marzo, arriva il documentario “HITLER CONTRO PICASSO E GLI ALTRI – L’ossessione nazista per l’arte”, per la regia di Claudio Poli su soggetto ideato da Didi Gnocchi e scritto da Sabina Fedeli e Arianna Marelli e con la partecipazione straordinaria di un intenso Toni Servillo.

Pellicola, da vedere, assolutamente, senza indugi: intelligente, coinvolgente e sconvolgente, solida e comprensibile, incisiva e di forte impatto. “Hitler contro Picasso e gli altri” è un lavoro di rara bellezza, scaturito da una serie di coincidenze, come afferma l’ideatrice del soggetto, Didi Gnocchi:

«…Nel 2017 ci furono ben quattro mostre sul tema, esattamente ottant’anni dopo la mostra del 1937, che Hitler fece allestire per mettere alla berlina la cosiddetta “arte degenerata” in contrapposizione alla bellezza dell’“arte germanica”. Inoltre, avevo finito di leggere il libro di Anne Sinclaire “21, rue La Boétiedove lei parla appunto di suo nonno, Paul Rosemberg ed è stato in quel momento che mi sono resa conto di quanto fosse poco nota la tematica del furto d’arte e della defraudazione, perpetrati da Hitler nei confronti dei patrimoni artistici degli ebrei. Alle coincidenze bisogna dare ascolto…»

È così che nasce l’idea di “Hitler contro Picasso e gli altri” e non si può che ringraziare quella serie di coincidenze che furono l’incipit di questo lavoro, che ha portato alla produzione d’un documentario potente, sia nel messaggio che nell’impatto empatico.

Ci tengo, in modo particolare, a sottolineare il termine “empatia”.

“Hitler contro Picasso e gli altri” è un avvincente documentario, che si fa cronaca d’uno dei più grandi e tragici saccheggi che la Storia abbia mai registrato e testimonianza di vite vissute; ma mai trascende nel sentimentalismo.

Tuttavia, non si può evitare di cum partecipare alle vicende umane e sentirsi coinvolti.

In particolare, quando ci si riferisce all’empatia e alle emozioni suscitate, non si può non parlare di musica.

A tal riguardo cito le parole del compositore, Remo Anzovino:

«…mettere in musica la sofferenza e le emozioni, era, per me, un’occasione unica. Il tema della “riappropriazione, è un tema delicato, di “ritorno alle radici”, di ricucitura storica e familiare. La partitura s’intitola “The innocents” e proprio agli innocenti è dedicata. Per questo ho scelto d’utilizzare il coro di voci bianche. Gli innocenti sono tutti: i morti, i sopravvissuti e gli eredi di tanta sofferenza…»

“Hitler contro Picasso e gli altri” è una storia di “scissione” e consentitemi, parafrasando Sigmund Freud e il riferimento non ha nulla di casuale, d’usare un termine psicoanalitico, “Spaltung”: dalla vita con la deportazione e i lager, dalla patria con l’esilio forzato, dalla cultura col saccheggio.

Inoltre, voglio che si rifletta su un concetto, ribadito, anche, a più voci nello stesso documentario: non è Storia lontana, bensì, è storia che, ancora, porta il suo carico di atroce sofferenza.

A tal riguardo, cito l’avvocato Christopher Marinello, che, per lavoro, lotta quotidianamente affinché le opere d’arte sottratte ritornino ai legittimi proprietari:

«Oggi, il problema della restituzione delle opere d’arte è gravissimo e presente. Il “caso Gurlitt” ci dimostra che il nazismo non ha influenzato solo il passato, ma che continua a farlo. Rappresento le famiglie legittime ereditiere di coloro che furono depredati e faccio da mediatore tra loro e gli attuali possessori attuali. I problemi riscontrati sono tra i più disparati: dall’antisemitismo, all’avidità, a resistenze d’ogni tipo, oltre a intralci burocratici, evidentemente, creati apposta per provocare lungaggini, soprattutto dalle autorità tedesche…».

Fu proprio la morte dell’ormai ottantenne Cornelius Gurlitt a sbloccare uno dei casi più spinosi seguiti dall’avv. Marinello.

Il “caso Gurlitt”, ovviamente citato nel documentario, fece scandalo nel 2013, quando, il giornale tedesco Focus scoprì e rese di pubblico dominio l’intera storia.

Più d’un anno prima, la polizia tedesca, durante un controllo di routine, trovò questo logoro e insulso vecchio a bordo d’un treno con novemila euro in contanti in tasca. Insospettiti, indagarono.

Cornelius Gurlitt sembrava, letteralmente, non esistere.

Non aveva documenti, né c’erano documenti su di lui.

A Monaco, la polizia perquisì il suo appartamento, lurido e cadente, ma con una collezione d’arte mostruosa al suo interno. Circa 1400 opere derivanti dalle depredazioni naziste, di cui, suo padre, Hildebrand Gurlitt, era stato esecutore. Le autorità tennero nascosto il ritrovamento, fino allo scoop giornalistico.

Cornelius Gurlitt, indispettito dal fatto d’essere stato scoperto, lasciò la sua intera eredità a un museo di Berna.

“Hitler contro Picasso e gli altri” è una testimonianza preziosa di quel 1937, quando, per volere di Hitler, vengono allestite due mostre, in antitesi tra loro: quella sull’“arte degenerata”, ovvero l’«arte degli “ismi”», come la definì, con disprezzo lo stesso Hitler e quella sull’“arte germanica”. Ovvero la pura arte ariana. Picasso, Matisse, Monet erano tutti messi al bando.

La prima fu allestita con voluta sciatteria: quadri appesi storti, o senza cornice, proprio per trasmettere un’idea di caos e bruttezza, mentre l’altra, fu, naturalmente, curata in ogni dettaglio.

Pura strumentalizzazione, da parte d’un regime che mira, esclusivamente, all’autoesaltazione, all’autoconservazione, alla propaganda, alla costante ricerca di denaro, sia per arricchire le tasche dello stato che quelle dei repressori stessi.

Altresì, si trattò di strumentalizzazione il titolo della mostra: “arte degenerata”, che nulla aveva a che vedere col nazismo, trattandosi d’espressione coniata da Friederich Schegel per etichettare l’involuzione poetica che, secondo lui, aveva avuto luogo nella tarda antichità.

Inoltre, due sono i fattori che consentono a un regime totalitario d’esistere: il denaro e l’ignoranza del popolo.

Pertanto, nel quadro di follia dominatrice di Hitler, la società ebraica costituisce un problema enorme. Gli ebrei sono molto colti, studiano e questo li rende molto istruiti, sono poliglotti, quando non polilingui e sono ricchi, molto ricchi. I più illustri professionisti, professori, artisti, banchieri, commercianti d’arte e di preziosi sono ebrei. È un fatto.

Conseguentemente, il popolo ebraico rappresenta un vero e proprio pericolo per l’instaurazione d’un regime e la discriminazione, l’esilio, la persecuzione non sono sufficienti.

Il furto d’arte, che principia proprio con quelle due mostre nel 1937, diviene solo l’ulteriore, nuova arma. Sterminio e defraudazione sono strettamente legati.

Hitler non vuole solo liberarsi del popolo ebreo, vuole, letteralmente, eradicarne la cultura dalla faccia dell’Europa.

Così, la confisca dei beni e il furto d’arte divengono il mezzo migliore per “fare cassa”, da un lato e per cancellare una cultura pericolosa, dall’altro.

Inoltre, un regime s’assicura la sopravvivenza attraverso la manipolazione del popolo, o meglio della “massa”, col terrore e con la propaganda.

L’idea di nazismo passa per un ideale estetico supremo e proprio in quest’ottica, l’arte diviene il miglior mezzo di propaganda.

In più, i nazisti erano ossessionati dallo “status sociale” e l’arte, da sempre, è sinonimo di aristocrazia e simbolo di ricchezza.

Hitler dà al suo grande amico Goering l’autorizzazione a valutare e scegliere i pezzi d’arte migliori. In realtà, Goering, divorato dalla passione per l’arte e per il denaro, tenne quasi tutto per sé, passando alla storia come il peggior saccheggiatore che abbia mai calcato la terra. Seppur molto intimi e molto amici, Hitler e Goering furono in aspra competizione su chi riuscisse a depredare di più.

Inoltre, Hitler istituì un ufficio apposito “di confisca”: le ERR. Esso era attivo su tutti i territori conquistati e lavorava in stretto rapporto con le SS. I migliori storici dell’arte e i migliori professori lavoravano in quest’ufficio: circa duemila persone. Il loro compito era quello, appunto, di confiscare, quindi, valutare, catalogare e quindi, inviare a Hitler. Le conseguenze sono ben esplicitate dal documentario.

“Hitler contro Picasso e gli altri” mette in luce, in modo dettagliato e rigoroso, ogni aspetto, sia artistico che umano, di questo orrore di cui tutti gli stati europei furono vittime. Decisamente, un documentario da vedere e su cui riflettere.

 

 

Gallery by Ufficio Stampa Nexodigital:

 

 

Il trailer del film by Ufficio Stampa Nexodigital:

 

 

Approfondimenti per tematica:

Rubrica: “La videoteca”

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *