Piene di destino – Marianne Faithfull: recensione allo spettacolo

PIENE DI DESTINO – MARIANNE FAITHFULL

 

Recensione allo spettacolo

 

 

MARIANNE FAITHFULL, COME NESSUNO LA CONOSCEVA

 

 

di Elisa Pedini

 

 

Lo spettacolo PIENE DI DESTINO – MARIANNE FAITHFULL debutta con successo in prima milanese al PACTA Salone.

Sceneggiatura, recitazione e canto di e con Angela Malfitano, prodotto da Tra un atto e l’altro di Bologna, con Francesco Brini alla batteria e agli effetti sonori.

In cartellone fino al 18 marzo, Piene di destino – Marianne Faithfull è uno spettacolo vivo, ironico, coinvolgente, vibrante, da non perdere.

Angela Malfitano è sola sul palco, ma lo riempie, della sua persona e della sua energia, portando lo spettatore a una mimesis umana ed empatica con la “sua” Marianne.

Esattamente, le percezioni, le sensazioni, le emozioni, che Angela riesce a evocare con la sua voce e con la sua narrazione, si susseguono e s’interlacciano nell’anima di chi guarda ed è difficile descriverle.

Per questo, Piene di destino – Marianne Faithfull è uno spettacolo che va visto e vissuto.

Infatti, ci trasporta in una dimensione “altra”, “mitica”; ma squisitamente umana e onusta del carico emotivo dei ricordi, della malinconia, del dolore.

Ne consegue che, nell’Altrove del mondo della memoria, l’intelligenza, ironica, tagliente alle volte, viviseziona l’Io, per un verso e per l’altro, quella società londinese degli anni ’60, quella della “Swinging London”, quella delle feste sfrenate e degli eccessi, quella dei Rolling Stones.

Marianne Faithfull rappresenta proprio l’icona della “bella e dannata” di quel tipo di società della Londra anni ’60.

Stigmatizzata come la classica “bambolina”, ricca e viziata, travolta e stravolta, dal “mito” di Mick Jagger e dei Rolling Stones e che finisce per perdere la bussola, per non reggerne la pressione e rotolare, quindi, giù, nell’abisso della droga, degli eccessi e della nullità.

Insomma, una storia come tante altre del tempo.

Da lei, ci si aspettava la stessa fine di Brian Jones, o Tara Browne, tanto per citare nomi vicini ai Rolling Stones ed evocati, anche, in Piene di destino – Marianne Faithfull.

Tuttavia, Marianne, quella fine, non la fa. Ci va vicinissima; ma non la fa.

Dunque, ha ben ragione Angela Malfitano, quando dice che avvertiva che ci fosse qualcosa in più, qualcosa che andava oltre “il mito”, oltre la “Swinging London” e oltre il “mito dei Rolling Stones”.

C’era qualcosa, in quella personalità, che le cronache mondane dei tempi non registrarono e che sfuggì alla “mitizzazione”.

Un conto, è il “mito” e un conto, è la realtà. Aspetto che risalta, in tutta la sua detonante potenza in Piene di destino – Marianne Faithfull.

L’elemento, cercato e trovato, negli studi e nelle ricerche che, Angela Malfitano ha compiuto, per giungere a scrivere questo spettacolo era proprio la personalità di Marianne: la sua umanità, il suo mondo interiore di ragazzina appena diciassettenne.

In altri termini: le “vibrazioni” del suo essere più intimo.

Ecco, proprio quelle “vibrazioni”, con grandissime sensibilità e maestria, vengono convertite in sceneggiatura da Angela Malfitano, per diventare lo spettacolo, vivo e coinvolgente, che, oggi, ammiriamo sul palco.

Un monologo che rapisce, letteralmente.

Angela passa, con disinvoltura, dalla recitazione al canto e a un certo punto, si ha quasi la sensazione che sia proprio lei, Marianne Faithfull, a essere lì, a raccontarsi, a raccontarci.

Un esempio della più sublime arte attoriale.

Soprattutto, se consideriamo che, non solo è un monologo; ma anche che, sul palco, di fatto, non c’è nulla: una sedia, un leggio, un microfono e sullo sfondo, solo uno schermo su cui vengono proiettati video e foto del tempo.

Dunque, Angela-Marianne, da sola, catalizza e sorregge tutta l’attenzione del pubblico.

Eppure, il palco, sembra “pieno” e a dispetto delle sue reali dimensioni fisiche, sembra quasi “piccolo” per contenere tutta quella energia, quell’umanità.

Piene di destino – Marianne Faithfull è un vero e proprio viaggio, dentro e con l’anima di Marianne, da vedere e godere, dal primo all’ultimo minuto dello spettacolo.

 

 

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