“PIENE DI DESTINO – MARIANNE FAITHFULL”: intervista ad Angela Malfitano

«VI RACCONTO LA MIA MARIANNE»: INTERVISTA AD ANGELA MALFITANO

 

 

di Elisa Pedini

 

 

“Piene di destino – Marianne Faithfull” in scena al PACTA Salone di Milano fino a domenica 18 marzo, è uno spettacolo straordinario, che nasce da un impegno e da un lavoro durissimi.

Nessuno più di colei che ha eseguito studi e ricerche, che ha ideato e scritto lo spettacolo, che ne è, anche attrice protagonista, può descriverci il percorso che ha portato alla creazione d’un prodotto di pregio.

Lascio, quindi, la parola, a lei: Angela Malfitano.

 

D:  Angela, puoi raccontarci la genesi dello spettacolo su Marianne Faithfull?

AM: Ho da sempre subito il fascino dei Rolling Stones e della Londra anni ’60.

Fascinazione che mi ha sempre più coinvolta, tanto che nel 2000 ho cominciato a documentarmi in modo molto approfondito, leggendo, anzi, divorando, letteralmente, tutto il materiale letterario sui Rolling Stones, incluse le loro biografie.

Il personaggio di Marianne Faithfull ritornava, ma restava marginale. Mi affascinava quella donna e sentivo che dovevo approfondirne la conoscenza.

Di conseguenza, mi sono chiesta se non esistesse anche una sua biografia.

Così, ho scoperto che, in effetti, esisteva.

Comunque, reperirla, non fu facile, perché è una biografia del 1994 ed è stata pubblicata solo in inglese. Dopo lunghe ricerche, anche online, sono riuscita a trovarla e a farmela spedire. Cominciai a leggerla e rimasi affascinata dalle sue descrizioni, dal linguaggio ricco, dal suo modo di scrivere.

Decisi d’approfondire ulteriormente, anche attraverso le foto e i video dell’epoca.

La andai anche a vedere a Chambery e non senza difficoltà, riuscii a farmi introdurre nei camerini e a conoscerla di persona.

Lo spettacolo nasce dalla raccolta di tutto questo materiale.

 

D:  Studiando il personaggio di Marianne, quali sono stati gli aspetti che più ti hanno colpita?

AM: Innanzi tutto, la sua scelta di vivere come una barbona, di «scomparire», come dice lei stessa. Marianne aveva tutto: era bellissima, ricca, famosa, al centro dell’attenzione, eppure, lascia quel tutto per scegliere l’autoannullamento. Per me, quest’aspetto è stato molto impattante e l’ho voluto indagare.

Inoltre, altra cosa che mi ha colpita, è stata la voce. Da ragazzina dalla voce sottile e molto delicata, a donna dalla voce cupa, profonda.

Infine, il suo vissuto emotivo, che per ragioni diverse, ho riconosciuto e ritrovato nelle sue parole.

 

D:  Questo “ritrovarsi” è molto percepibile, perché lo spettacolo è intenso, vibrante, vivo. Angela-Marianne, quanto c’è di Angela, dunque?

AM:  Molto, ma non tutto.

Io non ho mai assunto droghe, né alcol, né ho vissuto quello che ha vissuto Marianne. Sono un’attrice anche e dunque, il mio lavoro è anche nei confini tra immedesimazione ed artificio.

Tuttavia, ci sono contatti emotivi.

Ho potuto comprendere e sentire molti aspetti che lei descrive: mi sono ritrovata nella sua cultura, nei suoi rimandi continui alla mitologia, alla letteratura, al teatro. È la mia formazione, è proprio la mia specializzazione e questo mi ha permesso di scendere in profondità nel personaggio.

C’è Angela, anche, nelle sue descrizioni del “mondo femminile”, che, naturalmente, Marianne contestualizza nella sua realtà.

Tuttavia, seppur in termini molto diversi e per fortuna, non accade sempre, è frequente che si debba sembrare meno intelligenti di quello che si è, meno brillanti, meno “pericolose”. È triste, ma è così. Un altro aspetto che mi ha permesso d’aderire appieno a Marianne.

Inoltre, il suo modo di percepire la realtà oltre le apparenze. Lei parla delle sue percezioni extrasensoriali, acuitesi, peraltro, al risveglio dal coma. Quando, relativamente al testo che lei scrisse “Sister Morphine”, fa riferimento al fatto che fu un po’ una preveggenza di quello che le sarebbe accaduto e che bisogna fare molta attenzione a quello che si immagina, si scrive; ecco, mi sono ritrovata in questa visione.

Infine, io sono, da sempre, innamorata di Keith Richards. È un mito, per me. Quando ho scoperto che, anche Marianne, era innamorata di lui e che, anche per lei, era un mito, è stato facile immedesimarmi e capire i suoi pensieri e le sue emozioni. Un’altra parte dello spettacolo in cui aderiamo perfettamente.

Di controparte, divergiamo totalmente in quella durezza di carattere che ha Marianne e che, invece, non ho io. Lei possiede una ruvidezza che proprio non mi appartiene.

 

D: In effetti, lo spettacolo è un rimando continuo tra mito e realtà, giusto?

AM: Sì, il mito è molto presente, sia in senso letterale nell’evocazione delle dee, nel paragone di Brian Jones a Pan, che in senso lato, nei confronti del mito dei Rolling Stones e di Mick Jagger, per un verso e della stessa visione di lei e della sua vita, per l’altro.

 

 

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  • “Piene di destino – Marianne Faithfull”: recensione allo spettacolo

 

 

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