LEZIONI DI MUSICA: Carmina Burana

Rubrica a cura di: Prof. Riccardo Scharf

Docente presso il Dipartimento di Musica e il Dipartimento di studi classici

 

 

LEZIONI DI MUSICA: CARMINA BURANA

 

 

DA COMPOSIZIONI DEL XII SECOLO AI CAPOLAVORI DI ORFF

 

 

 

La Kainós Academy® ha inaugurato il nuovo percorso di lezioni di Musica.

A quasi un mese dall’apertura del nuovo Dipartimento, ho sentito la voglia e il piacere di condividere con voi la magia che vivo in aula con i miei allievi.

Pertanto, ho pensato di descrivere in una mia rubrica, densa delle intense emozioni vissute in aula, quelli che sono gli avvenimenti più peculiari dei curricula musicali che seguo.

A dirla così, sembrerebbero delle normali lezioni di musica, come tante ce ne sono.

In realtà, quelli che vi si dipaneranno davanti saranno inediti scenari di approfondimenti, curiosità, eventi divertenti che caratterizzano il magico mondo della Musica e riempiono le nostre ore accademiche.

Per esempio, protagonisti delle ultime lezioni di musica del corso di “Storia della musica”: i Carmina Burana.

In modo semplicistico, verrebbe da pensare a un noioso argomento di studio da preparasi in visione degli esami, qualcosa di avulso dalla quotidianità e dalle sonorità moderne.

Invece, in queste righe, vorrei trasporvi la vita reale che anima questi meravigliosi componimenti.

Usualmente, quando si parla dei Carmina Burana, si pensa, immediatamente, a quell’opera magnifica e grandiosa che Carl Orff compose nel primo 900, prima di venire tacciato di appartenenza alla sfera culturale nazista e cadere nell’oblio.

In realtà, Orff aveva attinto a piene mani dal manoscritto scoperto da Schmeller nel secolo precedente.

Essendo in grado di leggerne solo il testo, aveva composto una serie di melodie accattivanti.

Chiaramente, esse risentono degli effetti di influenze jazz afroamericane e di quella musica popolar-tradizionale che, prima Tchaikovskij e poi il gruppo dei 5¹, avevano riscoperto e valorizzato pochi decenni prima.

Tuttavia, il vero manoscritto dei Carmina Burana, semplificazione e latinizzazione dell’impronunciabile Benediktbeuren, è una raccolta di canti e poesie provenienti dall’impero di Corrado il Salico e di Federico Barbarossa.

Infatti, trattasi d’un insieme di scritti in latino, alto tedesco e volgare che ci apre un mondo incredibile!

Da un lato, siamo colpiti dalla veste grafica del manoscritto.

Esattamente, parliamo d’un lavoro adiastematico, cioè, senza righe di riferimento e con piccoli segni chirografici².

Questi ultimi richiamano gli andamenti ascendenti e discendenti di quelle che erano, certamente, melodie note ai più, ai tempi.

Inoltre, non possono non incantare le righe austere di testo in minuscola carolina corredate da splendide miniature policrome.

Dall’altro lato, quando guardiamo i Carmina, è inevitabile sentirsi sommersi da quel mondo pittoresco e variopinto.

Fatto di giullari e giocolieri, che seducono belle ragazze; di valvassori che violentano lavandaie; di ubriaconi sdentati e bari pentiti, di chierici bestemmiatori e vescovi simoniaci.

Questo, perché il corpus dei Carmina, seppur diviso in quattro sezioni, è stato composto da autori che volevano e dovevano rimanere anonimi.

Di fatto, la maggior parte di questi, erano i goliardi, studenti universitari che vagavano di città in città, dalle calde vie di Bologna alle strette case di Padova fino ai ponti di Parigi e alle austere mura di Oxford.

Tuttavia, tra loro, si nascondevano ragazze desiderose di imparare e fuggitive da famiglie opprimenti, come era consuetudine nella vita cittadina.

Oltre che, cavalieri in lotta con il proprio signore; vescovi critici verso posizioni di cardinali troppo rigide e preti con figli illegittimi.

In più, le quattro sezioni rimandano alla numerologia Pitagorica, superando di fatto il dualismo, poi ripreso da Dante, e conducendoci verso quel senso di giustizia intesa come equilibrio di forze: Carmina Moralia, Carmina Veris et Amoris, Carmina Lusorum et Potatorum e Carmina Divina.

Dunque, si parte da canti che avrebbero un argomento morale; ma che riportano una forte vena satirico-giullaresca.

A tal proposito, cito: Vitae Perdite, nel quale al pentimento del giocatore ubriacone si aggiunge nel finale una raccomandazione alla condivisione della pena.

Procedendo, si sfocia in quelli dell’amore carnale.

Ovvero, non certo l’amor cortese tanto puro e cantato dai trovatori; ma quello del popolo, fatto con gioia e spensieratezza.

Ad esempio, è il caso di Exiit diluculo, rustica puella³ o di Tempus est iocundum, nel quale un giovanotto sente gli ardori della primavera e invita le ragazze a congiungersi carnalmente con lui.

Inoltre, dei Carmina Lusorum et Potatorum fanno parte: il celeberrimo Bache bene venies, canto che inneggia al magico potere del succo dell’uva e alle gioie dell’ubriachezza.

In più, come non citare: In taberna quando sumus, inno al vino che in una mistica danza macabra dionisiaca eguaglia tutti, esattamente come la morte.

Per finire, i Carmina Divina, probabilmente postumi, con argomento che sembrerebbe religioso, ma che si ispira chiaramente alla festa dell’Asino e alle note celebrazioni parodistiche della festa dei Folli.

Da notare, alcune melodie hanno addirittura il discantus.

Trattasi, d’una pratica compositiva in voga fino al 300, quando l’Ars Nova scaccerà le improvvisazioni libere dando alla polifonia le prime regole rigide che introdurranno poi maestri Fiamminghi e Italiani.

In conclusione, le lezioni di musica sui Carmina Burana, ci hanno presentato un pittoresco affresco della vita popolare del 1100, un po’ come se ci trovassimo, grazie ad una macchina del tempo, ad osservare le strade di una città imperiale ricca di vita e di graffiti.

 

 

 

NOTE:

¹ Il gruppo dei cinque era costituito da M. Balakirev, A. Borodin, C. Cui, M. Musorgskij e N. Rimskij Korsakov.

² I neumi quadrati verranno dopo la riforma gregoriana e faticheranno parecchio ad imporsi.

³ Esci in fretta, ragazza campagnola.

 

 

 

 

 

 

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