Nabucco: recensione allo spettacolo al 100° Arena Opera Festival

NABUCCO

di Giuseppe Verdi

Recensione allo spettacolo del 28 luglio 2023

 

 

STRAORDINARIA ESECUZIONE

PER IL SESTO TITOLO IN CARTELLONE

DEL 100° ARENA OPERA FESTIVAL

 

 

 

di Elisa Pedini

 

 

Nabucco di Giuseppe Verdi su libretto di Temistocle Solera, è un dramma lirico da sempre molto amato dal pubblico, tanto da essere l’opera che consacrò il genio di Busseto alla gloria imperitura.

Oggi, torna sul palcoscenico areniano per il 100° Arena di Verona Opera Festival, nell’allestimento classico del 1991 di Gianfranco de Bosio con l’apporto dello scenografo-architetto Rinaldo Olivieri.

Questa recensione è relativa alla prima replica del 28 luglio 2023, che ha visto in scena un cast eccezionale.

In particolare, due titani della lirica, che hanno reso magico questo Nabucco.

A mio giudizio, un’interpretazione eccellente che mi spinge a passare immediatamente alla critica.

Dunque, parto proprio dallo straordinario baritono Amartuvshin Enkhbat, che ci rende un Nabucco semplicemente sublime.

Infatti, impeccabile sotto ogni punto di vista porta in scena un personaggio solido, rigido nella sua smania di potere assoluto. Non re, ma dio. Statico fisicamente come statica è la psiche di Nabuco nel delirio di potere e onnipotenza. Mi piace e convince questa sua interpretazione.

Tuttavia, ben cambiano postura e personale dal III Atto. Straordinario!

Non più dio, ombra di re, ecco che Enkhbat ci mette davanti un Nabucco umano e lo fa vivere e vibrare con quello spessore e colore profondi e intensi tipici della sua voce, nelle variegature d’eccelso pregio che riesce a esprimere.

Nel duetto Nabucco/Abigaille Donna, chi sei?Oh, di qual onta aggravasi (III Atto) mi s’è fermato il respiro. Divino!

Infatti, due titani si fronteggiano in scena: Enkhbat e lei, la divina Anna Pirozzi, che ancora strabilia, rapisce e incanta nel ruolo di Abigaille.

Perla rara nei scena, aria e recitativo (II Atto) Ben io t’invenni, o fatal scritto! … Anch’io dischiuso un giornoSalgo già del trono aurato e come detto sopra, eterna nel duetto con Nabucco.

Altresì, convince lo Zaccaria del basso Alexander Vinogradov.

Esattamente, ho gradito molto la sua capacità di marcare l’aspetto di profeta del personaggio.

Per pura pignoleria di critico, dico che parte incerto col fraseggio, nella cavatina D’Egitto là sui lidi, un’inezia, perché, poi la rende quasi mistica. Eccellente.

Infatti, con la sua voce piena, solida, con quella vena d’equilibrato misticismo, caricata, com’è giusto, secondo me, per una guida spirituale qual è Zaccaria, ci rende un personaggio decisamente buono.

Inoltre, convince anche l’Ismaele del tenore Matteo Mezzaro.

Nel duetto Fenena, o mia diletta! la sua voce forte, solida, ferma, fa innamorare.

Altresì, risulta tecnicamente precisa la Fenena del mezzosoprano Josè Maria Lo Monaco, però, non convince perché non coinvolge.

Ora, Fenena è un ruolo un po’ piatto e va giocato sulle sfumature del suo equilibrio interiore. È una fanciulla tenera, ma forte. La sua presenza di vera figlia di re, contrasta con la personalità violenta e dirompente d’Abigaille.

Tuttavia, la voce Josè ce l’ha, ottima, fra l’altro. S’intuiscono capacità e pregio che, però, non vengono fuori col ruolo di Fenena.

Allora, sono andata ad approfondire un po’ perché mi fido del mio istinto e delle mie orecchie e avevo bisogno di darmi delle risposte.

Infatti, Josè è specializzata in un repertorio barocco e dunque, mi si spiegano certe coloriture e anche l’aver inferito delle capacità virtuosistiche di pregio. Ecco il perché, un ruolo come quello di Fenena non può renderle onore.

Infine, completano il cast il baritono Gianfranco Montresor nel ruolo del Gran Sacerdote di Belo, il grandissimo tenore Riccardo Rados, Abdallo in scena e la soprano Elena Borin quale Anna, sorella di Zaccaria.

Altresì, non si può non citare l’eccellenza del Coro della Fondazione Arena di Verona, soprattutto in un’opera estremamente corale qual è il Nabucco. Esecuzione straordinaria!

Naturalmente, chiesto e concesso il più rituale dei BIS nella storia della lirica sul Va pensiero, ma, stavolta, il pubblico è già “scolarizzato”, forse dal Maestro Oren, e si autoregola sull’attendere il vero finale del coro.

Concludo con una nota sulla direzione del Maestro Alvise Casellati che, a mio parere, è stata di vero pregio,

 

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *