VAN GOGH. TRA IL GRANO E IL CIELO: recensione al film

VAN GOGH. TRA IL GRANO E IL CIELO

 

NON GUARDERETE PIÙ UN QUADRO DI VAN GOGH CON GLI STESSI OCCHI

 

IN ANTEPRIMA MONDIALE SOLO IL 9, 10, 11 APRILE

 

 

Valeria Bruni Tedeschi sul set nella chiesa di Notre-Dame de l’Assomption a Auvers-sur-Oise

 

di Elisa Pedini

 

 

Van Gogh. Tra il grano e il cielo è un capolavoro. Da non perdere.

In sala solo il 9, 10, 11 aprile. Tutte le sale su: www.nexodigital.it

Non esistono termini per descrivere la potenza di questo film.

Dimenticate qualsiasi documentario d’arte abbiate visto finora, perché arriverete a guardare le opere di Van Gogh come mai avete fatto prima.

Forse, perché, stavolta, lo sguardo sull’artista è filtrato dall’occhio appassionato della sua più grande collezionista: Helene Kröller-Müller. Punto di partenza di tutto il lavoro.

La sensazione, però, guardando Van Gogh Tra il grano e il cielo, sarà, almeno per me è stato così, quella di vedere i capolavori di Van Gogh, per la prima volta.

M’esprimo, dunque, con le parole di Matteo Moneta, sceneggiatore del film:

«…una visione spirituale, introspettiva, delicata, tenendo conto del filtro dell’occhio femminile…»

e con quelle del regista, Giovanni Piscaglia:

«…volevo, attraverso il Mito e tutto quello che è stato già detto e visto su Van Gogh, ricollegarmi alla sua anima… Per questo, nelle inquadrature, ho cercato molto gli occhi nei dipinti e di ricreare lo sguardo nei paesaggi…»

Vincent Van Gogh, Autoritratto, particolare,1889, Musée d’Orsay, Parigi – Ph by Academic Library “Kainós Academy®”

Ecco, vi assicuro, che, quegli occhi e tutto il carico emotivo, pesante e profondo, che questo film riesce a trasmettere, vi strapperanno il cuore e con dolcezza, lo metteranno nelle mani di Vincent, il quale, onorato da tanta generosità, con amore, vi donerà il suo.

Il film prende le mosse dalla mostra Van Gogh. Tra il grano e il cielo ancora in corso, fino all’8 aprile, alla Basilica Palladiana di Vicenza, curata da Marco Goldin e allestita con 40 dipinti e 85 disegni di Van Gogh, provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo.

Helene Kröller-Müller capì la grandezza di Van Gogh e trovò nei suoi tormenti qualcosa di sé e per lei, la sua arte, fu di profondo conforto.

Da questo “amore di anime”, tra due persone, che mai si conobbero (Helene aveva solo undici anni quando Vincent morì), nascono quella mostra e questo capolavoro di film.

Il lavoro che c’è dietro, Marco Goldin, lo descrive così:

«…si traccia un percorso completo di Van Gogh, sia biografico che di sperimentazione artistica. Ho riletto tutte le 927 lettere di Van Gogh e ho compreso che si può andare oltre il Mito, oltre gli stereotipi, oltre il già-detto, per arrivare davvero nel profondo, scavare, con discrezione, entrando in punta di piedi, in silenzio, prendendolo (“lo”=Van Gogh, n.d.r.) proprio da dentro, dalla parte dell’anima…»

Van Gogh. Tra il grano e il cielo, è, esattamente, così. Talmente dentro l’anima di Van Gogh, che sembra quasi di sentirlo respirare. La commozione è inevitabile.

«…cercò l’amore per tutta la vita, ma visse e morì solo» apre così Van Gogh. Tra il grano e il cielo, Valeria Bruni Tedeschi.

Helene e Vincent, entrambi, alla ricerca dell’assoluto, della verità e e di una fede totale, che andasse oltre i riti, ma che in terra non potevano esistere.

Helene Kröller-Müller inizia la sua collezione tra il 1906 e il 1908, arrivando ad acquistare circa 300 opere, tra disegni e dipinti. Una collezione che raccoglierà in trent’anni.

Una grave malattia la prostra e lei promette che, se sopravviverà, aprirà il suo Museo dedicato a Vincent Van Gogh. Un Museo che è, dunque, un inno alla vita e animato, proprio, da un’idea di vita assoluta.

Infatti, il suo desiderio è quello di rendere eterno il lavoro di Van Gogh, proteggerlo e dare una casa ai suoi capolavori.

Cerca un modello per il suo Museo e viaggia.

Giunta in Italia, resta estasiata dai monumenti, dall’architettura e dall’arte.

Soprattutto, è incantata da Palazzo Vecchio a Firenze, che diviene, per lei, il modello supremo di come vuole il suo museo.

Purtroppo, nel 1922, a causa di investimenti sbagliati del marito, le finanze crollano e i lavori al museo si fermano.

Quando riprenderanno, il progetto dovrà essere fortemente ridimensionato.

Nel 1938, Helene, apre il Museo ad Otterlo, in Olanda.

Kröller-Müller Museum, Otterlo, Olanda

Secondo lei, l’arte s’apprezza meglio nel mezzo del silenzio e della natura. Per questa ragione, il Museo sorge, nascosto, circondato dalla quiete d’una lussureggiante vegetazione.

Quello che la colpisce di Van Gogh, è proprio la sua spiritualità, che trasuda dalle sue opere e la sua volontà è che tutti possano trovare conforto in quell’arte, proprio com’è stato per lei.

Ripercorrere la vita di Van Gogh significa seguirne la prostrazione, la profonda solitudine, quell’abisso interiore sul filo che corre tra genialità e fallimento, tra eccessiva sensibilità e malattia mentale.

Vincent ha una personalità molto radicata e definita, oltre che un’intelligenza e una sensibilità fuori dall’ordinario. Come tutti i geni, in vita, colleziona un fallimento dietro l’altro.

Per dare un’idea del suo carattere: quando Vincent scopre la sua vocazione artistica e decide di fare l’artista, ci si dedica con determinazione e rigore, com’è sua natura.

Comincia da zero, con metodo e forza di volontà.

Vuole conoscere bene la tecnica e nel 1880, s’iscrive all’Accademia di Belle Arti a Bruxelles proprio per apprendere il disegno dalle basi. «Se vuoi essere un buon pittore, devi essere un buon disegnatore» scrive al fratello.

Per due anni, Vincent, non tocca un pennello e lavora con matita, china, carboncino. Ha un talento straordinario già nel disegno.

Tuttavia, resta un incompreso anche in Accademia e al concorso d’ingresso si piazza solo al ventiduesimo posto.

Però, a Vincent, il mondo accademico non piace. Egli vuole modelli più reali e più vivi, rispetto alla distanza dei modelli accademici e del bello apollineo.

Vincent Van Gogh, I mangiatori di patate, 1885, Kröller-Müller Museum, Otterlo – Ph by Academic Library “Kainós Academy®”

Il bello, per lui, è nella realtà.

Nella sua arte vuole trasmettere commozione per dare serenità e conforto, perché la vita è dura, la vita è fatica.

Egli vuole imprimere gli uomini e le donne in qualcosa di eterno, ovvero, vuole dipingere l’anima dell’umanità.

Nel film, Marco Goldin ci illustra alcune delle opere del Museo Kröller-Müller, quelle più fragili, quelle che non hanno potuto viaggiare fino a Vicenza per la mostra.

L’interesse di Van Gogh è ricreare l’amtosfera e per questo dipinge sul posto, con la luce del posto, in quel momento.

Vincent Van Gogh, Terrazza del caffè la sera, 1888, Kröller-Müller Museum, Otterlo – Ph by Academic Library “Kainós Academy®”

Certo, questo, soprattutto se l’ambientazione è notturna, può falsare alcuni aspetti: come la luce, ma anche gli oggetti, ciò che si vede di giorno, non è tutto visibile di notte.

Tuttavia, la luce di Van Gogh non è solo la luce catturata dagli occhi, ma è anche e soprattutto la luce dell’anima e quella delle anime che ritrae.

In una delle sue innumerevoli lettere al fratello Theo, Vincent scrive che gli altri lo vedono come una nullità, come un eccentrico e che, allora, lui vorrebbe che, attraverso la sua arte, la gente vedesse in profondità, cosa c’è dentro, «nel cuore di questo nessuno».

Anche Helene scrive lettere. In vita, ne scrive qualcosa come 3000. Ama scrivere, proprio come Vincent, di cui, peraltro, ama il modo di scrivere e ama leggerne gli scritti. Aspetto messo in risalto in “Van Gogh. Tra il grano e il cielo”, attraverso la lettura diretta di passi, presi dalle lettere e dell’una e dell’altro.

Nel 1886, chiamato dal fratello Théo che vuole fargli conoscere gli Impressionisti, Vincent arriva a Parigi. Qui, i suoi colori cambiano totalmente.

Va a vivere a Montmartre col fratello al 54 di Rue Lepic, da cui, al di là dei tetti, gode d’una visuale bellissima di Parigi.

Ai quei tempi, Montmartre è un sobborgo rurale, povero, ma quartiere degli artisti e della vita bohemienne, pieno di cultura e d’arte, è un cuore pulsante di vita.

I luoghi d’incontro sono i Café, i Café-concert e in particolare, il famoso Moulin de la Galette, prediletto dagli Impressionisti.

È a Parigi che Van Gogh diviene, Van Gogh.

Il colore esplode nelle sue opere.

Prende quello di cui ha bisogno da Pizarro, Monet e gli altri, soprattutto, da Seurat, per dare vita alla sua pittura.

Il suo Interno di un ristorante è il suo omaggio alla pittura neo-impressionista.

Vincent Van Gogh, Interno di un ristorante, 1887, Kröller-Müller Museum, Otterlo – Ph by Academic Library “Kainós Academy®”

Nel giugno del 1888, Vincent va in Provenza, ad Arles. I colori, il grano, i vigneti, i frutteti, lo inebriano, completamente. Una natura dove s’immerge totalmente e dipinge, riempiendosi di luce e riempiendo di luce le sue tele.

Caratteristica di Van Gogh non è solo il colore, ma anche la sua pennellata: forte, decisa, materica, quasi “fisica”.

È quello il suo carattere, è quella la sua natura, che trapela, onusta del suo carico di strazio, in Van Gogh Tra il grano e il cielo.

Non possiamo sapere cosa sia accaduto nella sua vita, cosa abbia ferito quell’anima troppo sensibile, fors’anche, troppo indifesa, per giungere a una così profonda prostrazione. Ma, è quella la sua anima ed esce dallo schermo, per diventare palpabile, per tornare a vivere, ancora, per sempre.

Vincent Van Gogh, Salici al tramonto, 1888, Kröller-Müller Museum, Otterlo – Ph by Academic Library “Kainós Academy®”

È in quella luce provenzale, ad Arles, che acceca gli occhi fisici e apre quelli dell’anima che il colore si trasforma e il cielo prende il colore oro del grano mentre i fusti degli alberi divengono azzurri.

Vincent sperava d’essere raggiunto da altri artisti, in particolare, dal suo caro amico Gauguin.

Vincent Van Gogh, Alyscamps, 1888, Kröller-Müller Museum, Otterlo – Ph by Academic Library “Kainós Academy®”

Purtroppo, i contrasti caratteriali e gli eccessi di vita, portano a una rapida fine della convivenza tra i due artisti.

Per Vincent, è il colpo finale. Da lì, la discesa nell’abisso è rapida e profonda.

Decide di farsi ricoverare all’Istituto d’igiene mentale di Saint Rémy.

A questo punto, mi piace sottolineare una riflessione che emerge dal film Van Gogh. Tra il grano e il cielo: nessuno ha mai fatto di lui una diagnosi chiara e affidabile. Probabilmente, la malattia di Vincent, era una profonda depressione.

In effetti, ci sono diversi elementi che fanno comprendere che non si tratti, esattamente, di malattia mentale.

Innanzi tutto, proprio questa sua presa di posizione, questo suo cercare aiuto.

Inoltre, nelle sue lettere al fratello accenna ai comportamenti degli altri ricoverati ed è evidente la distanza tra lui e loro, tra il malessere mentale e la malattia mentale.

In più, non ci sono vaneggiamenti di sorta nelle lettere al fratello, ci sono riflessioni e considerazioni, c’è la paura d’un ulteriore fatale crollo e quindi, la fretta, l’urgenza di lavorare, di dipingere e fissare su tela la sua anima.

Infine, spesso, non gli viene permesso di dipingere nel grande giardino dell’Istituto e allora, Vincent, dipinge in camera e la sua arte si fa più astratta. Comincia a sperimentare anche pennellate diverse, molto larghe e circolari. C’è chi ha voluto vedere in questo la sua “follia”, ma non è malattia mentale, è sperimentazione. Tanto che, non soddisfatto, o attratto da ulteriori sperimentazioni, passa oltre.

Ad un certo punto, Vincent sente il bisogno di rivedere i paesaggi del nord.

Così, nel 1890, va ad Auvers-sur-Oise.

Si sente molto solo, scrive a Theo. La solitudine lo schiaccia.

Va a stare in una locanda economica di artisti.

Dipinge quasi un quadro al giorno.

Vincent Van Gogh, Campo di papaveri, 1890, Kröller-Müller Museum, Otterlo – Ph by Academic Library “Kainós Academy®”

Settanta opere, che trasmettono un senso d’abbandono finale.

Il paesaggio diviene il luogo che lo accoglie, quasi fosse una sorte di pietra tombale.

Il 7 luglio dello stesso anno, una soleggiata domenica pomeriggio, in mezzo alla sua amata natura, Vincent si spara un colpo al petto. Morirà venti giorni più tardi, con al fianco il suo amato fratello Theo.

Van Gogh. Tra il grano e il cielo è decisamente un film, da vedere, da gustare e soprattutto, da vivere.

Menzione di lode meritano, anche, le musiche originali, composte apposta per il film da Remo Anzovino, che danno il giusto coronamento a un prodotto già eccellente.

 

Trailer by Ufficio Stampa Nexodigital:

 

 

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