SALVADOR DALÌ. LA RICERCA DELL’IMMORTALITÀ: recensione al film

UN GENIO, UN ARTISTA, UN MITO

 

SALVADOR DALÌ.

LA RICERCA DELL’IMMORTALITÀ

 

 

SOLO IL 24, 25, 26 SETTEMBRE AL CINEMA

 

 

di Elisa Pedini

 

SALVADOR DALÌ. LA RICERCA DELL’IMMORTALITÀ, è il nuovo docu-film che porta, per la prima volta al cinema, il genio di uno degli artisti più amati e provocatori del Novecento.

In sala solo il 24, 25 e 26 settembre (tutte le sale su: www.nexodigital.it).

Inoltre, la pellicola non è solo un modo per entrare nella vita privata di Dalì che seppe fare della sua stessa vita un’opera d’arte, ma celebra, anche, l’anniversario della sua morte e contestualmente apre il nuovo cartellone de La Grande Arte al Cinema.

Salvador Dalì. La ricerca dell’immortalità è un film che ci porta dentro la vita dell’artista, alle sue radici più profonde, al suo essere interiore.

Uno sguardo profondo, sincero e struggente dentro alla sua mente e alla sua anima, cogliendone tutta l’eccentricità, la follia, l’inquietudine.

Infatti, partendo proprio dalla sua terra, amatissima e prediletta, lo spettatore viene guidato, passo passo, attraverso la formazione spirituale e artistica di Dalì.

"Kainós Magazine® Salvador Dalì La ricerca dell'immortalità Recensione"
Ph by US Nexo Digital

«Voglio essere me stesso per l’eternità» afferma Salvador.

Una ricerca d’assoluto e d’eternità che solo l’orizzonte del mare può far nascere in un uomo.

Infatti, è proprio con i paesaggi incantevoli di Portlligat che apre il film.

Dalì si definisce: «Ingozzato di luce e colore».

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Per l’appunto, le immagini mostrano luoghi incantevoli, incontaminati.

Pertanto, non è difficile comprendere come questo mare e queste rocce siano per Salvador la sua anima, la sua vita, le sue più profonde radici.

Difatti, in questo luogo, ove per caso Dalì scopre il capanno di Lidia Nager che usa come deposito per le sue tele e i suoi materiali, diventerà, poi, la sua unica casa e il suo solo studio.

Dunque, tutta la sua arte e tutta la sua essenza sono qui e qui trovano espressione: in questa e in queste rocce.

Salvador Dalì nasce da una famiglia borghese e tradizionalista. Suo padre è avvocato e notaio. Suo fratello maggiore, Salvador anch’egli, muore nove mesi prima della sua nascita.

Questo evento, resterà come un marchio nella vita dell’artista.

Invece, sua sorella Ana Maria, sarà inizialmente completamente affascinata dal talento artistico del fratello e poserà a lungo come sua modella.

All’inizio, i temi principali della pittura di Salvador sono questi: il paesaggio, la famiglia e se stesso.

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Tuttavia, egli sente il bisogno di trascendere, d’andare oltre.

La sua anima irrequieta cerca l’assoluto, la sua arte vuole l’immortalità.

Così, approda al surrealismo.

Infatti, la sua pittura diviene lugubre e delirante, simbolo d’un profondo cambiamento spirituale.

In questo, il film ben accompagna lo spettatore nel cammino interiore e di vita di salvador Dalì.

A tal riguardo, appaiono chiare le sue scelte. In tale contesto, appaiono significativi il suo bisogno di rottura, di eccesso, di assoluto.

A Parigi, Salvador Dalì entra in stretto contatto coi surrealisti ed è qui che l’inquietudine della sua anima trova la sua via d’espressione.

Nel 1929, conosce Gala, che sarà, per sempre, la sua compagna e la sua musa, nonché la sua manager.

Follemente innamorato, Salvador è pronto a tutto.

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Gala è una donna forte e misteriosa, anticonformista; la prima e sola a essere accettata nel circolo dei surealisti.

Soprattutto, Gala, è sposata. Lascia il marito per Salvador.

Ne consegue che, una famiglia tradizionalista come quella di Dalì, mal veda Gala, così come condanni gli eccessi irrispettosi e dissacratori dell’arte di Salvador.

Pertanto, il padre lo disereda e gli intima di non tornare a casa.

Nel frattempo, Salvador comincia a vendere la sua arte.

Immediatamente, acquista il capanno di Lidia Nager a Portlligat. La donna, per nulla intimorita dai veti familiari del ragazzo, glielo vende.

Ecco, le basi dell’unica e straordinaria abitazione di Dalì, sono gettate.

Si tratta, d’un piccolo capanno, di appena 22mq, senza acqua, né luce, diventa il luogo privato e sicuro per lui e per Gala.

Un mese dopo, acquistano anche il capanno adiacente.

Come egli stesso la definirà, la casa diviene una «reale struttura biologica», che cresce, vive, si anima, dove «(…) ogni nuova pulsazione nelle loro vite ha la sua propria cellula vivente, la sua stanza. La forma che ne risulta è l’attuale struttura labirintica, che, prendendo il piccolo capanno come punto di partenza, si dipana tutto intorno in una successione di spazi, tra loro collegati da stretti corridoi (…)»

Insomma, dai fasti parigini, alle ristrettezze di Portlligat.

Per Dalì, quell’esistenza in ristrettezze è un modo per entrare in contatto con l’assoluto, per ottenere un intuito «affilato come un’ascia».

Sarà Emili Puignau a ristrutturare la casa, seguendo pedissequamente i progetti di Salvador.

Nel 1935, giunge la riappacificazione con la famiglia.

Purtroppo, lo scoppio della Guerra Civile sovverte tutto.

Salvador e Gala si trasferiscono in giro per l’Europa, soprattutto in Italia e in Francia.

Ormai, la fama di Dalì è mondiale.

Infatti, nel 1940 vanno in America. Una «(…) terra giovane, vergine, libera dai drammi», la definisce Salvador.

Qui, è osannato come un genio e collabora con Walt Disney, dando vita a un cortometraggio “Destino”.

Tuttavia, Portlligat è sempre nel cuore di Dalì e continua a essere sempre presente nella sua anima, nei suoi ricordi e nel suo lavoro, cortometraggio incluso.

Così, dopo dodici anni, Salvador e Gala, fanno ritorno a casa, trovandola completamente saccheggiata e distrutta.

Di nuovo, sarà emili Puignau a ristrutturare e ampliare ancora la dimora.

Salvador Dalì. La ricerca dell’immortalità, è un docu-film che ci regala la più bella visione dell’intimità dell’artista e di come la sua evoluzione interiore lo abbia portato a essere e creare il mito di Salvador Dalì.

 

Gallery per gentile concessione Nexo Digital:

 

 

Trailer per gentile concessione Ufficio Stampa Nexo Digital:

 

 

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