NUREYEV: recensione al film

NUREYEV:

 

 

UNA VITA, UNA PASSIONE, UN UOMO, UN MITO

 

UN FILM EVENTO SUL TALENTO

CHE HA RIVOLUZIONATO

LA STORIA E IL CONCETTO DEL BALLETTO

 

 

 

AL CINEMA SOLO IL 29 E 30 OTTOBRE

 

 

 

 

di Elisa Pedini

 

 

NUREYEV, nei cinema italiani solo il 29 e 30 ottobre (tutte le sale su: www.nexodigital.it) per la regia di Jacqui e David Morris, si configura come un film evento sulla vita d’un uomo che ha rivoluzionato il concetto di balletto, scrivendo una pagina nuova dell’arte della danza.

Una pellicola toccante, profonda, compatta, che fa vibrare l’anima dello spettatore, emozionando, coinvolgendo e commuovendo.

Soprattutto, un film che va ben al di là della danza, inquadrando il periodo storico, il contesto sociale e familiare, il carattere di Rudy e come tutto questo abbia prodotto l’uomo e il mito.

Dunque, un film profondo e molto intenso, gustabile a prescindere che si sia amanti o praticanti della danza.

Inoltre, tutto il carisma e la potenza interiore di Nureyev, attraverso la sua storia e le sue interviste, risaltano a tal punto, da bucare lo schermo e insinuarsi sotto la pelle dello spettatore. Numerosi i punti in cui l’emozione mi ha travolta.

Con la rivoluzione russa il balletto sembrava destinato a scomparire perché legato all’aristocrazia.

Così, di fatto, non fu, ma ogni forma artistica divenne un mezzo di propaganda, assoggettato alla volontà del regime.

Arte, artisti, sportivi, letterati, scienziati, tutti, dovevano essere al servizio dell’esaltazione della Russia. Ogni talento individuale al servizio della gloria del regime.

Con Nureyev, arte e politica si separano per la prima volta.

Rudolf nasce su un treno, in Transilvania, mentre la madre sta raggiungendo il padre, militare, in Manciuria.

Sono poverissimi; ma, dice Rudy in un’intervista, «tanto non c’era niente da comprare».

Infatti, c’è la guerra e con essa la desolazione, la fame, la mancanza d’ogni bene primario. Le famiglie vengono evacuate da Mosca e mandate sugli Urali.

In più, a mancare erano anche i vestiti e così il piccolo Rudy si ritrova a doversi vestire con gli abiti della sorella. Per questo, viene preso in giro, emarginato, chiamato pezzente e barbone.

Essendo il padre militare e spesso lontano da casa, Rudolf cresce in un ambiente molto materno e sensibile all’arte. La madre lo incoraggia a ballare e a perseguire quella che sembra essere una passione potente e prepotente in Rudy.

Inizialmente, il piccolo danza in gruppi folcloristici.

Il ritorno del padre, totalmente contrario alla danza, causa i primi grossi problemi. Rudolf viene ostacolato in tutti i modi e rudemente picchiato; ma non molla.

Scappa e va a ballare, ogni volta che può, con coraggio e con determinazione.

L’incontro con la Udelsova, una vera, vecchissima, insegnante di danza, cambia radicalmente le sorti del piccolo Nureyev. Ha solo 11 anni.

Il suo carisma innato, la sua anima ruggente e animalesca, il suo carattere indomito, lo fanno distinguere, lo fanno notare.

Rudolf Nuyerev approda al Kirov come promettente stella del balletto russo.

Il Kirov e il Bolshoi sono potentissime armi di propaganda, che segnano la predominanza russa in tutto il mondo.

Rudolf Nureyev è l’umana incarnazione del nuovo uomo sovietico: bello, volitivo, magnetico, eccezionalmente bravo, incredibilmente amato.

Infatti, lui e Gagarin sono considerati i più rappresentativi e gli unici “modelli da esportazione”.

Tuttavia, Rudy, non è russo, è tartaro e incarna il fuoco della sua gente: indomito, irascibile, animalesco, sensuale, un mix travolgente di tenerezza e brutalità.

Per tale ragione, Nureyev viene, per un verso, considerato l’emblema perfetto dell’uomo sovietico; ma, per l’altro verso, spaventa, perché imprevedibile.

Nureyev ha un temperamento forte e libero, com’è libera la sua danza e il suo nuovo modo d’interpretare il balletto.

Infatti, con lui, il ballerino, non è più solo un esecutore tecnicamente perfetto; ma un interprete, un attore, che non usa la parola, ma il corpo, per dare vita e anima a personaggi a tutto tondo.

Il film ripercorre, magistralmente, ogni piega della sua anima, ogni tormento, ogni sofferenza.

Grandeggiante nell’indole e sul palco, inarrestabile e libero, un mito vivente. Amato e acclamato dal pubblico.

Tuttavia, è proprio il suo successo personale a livello mondiale che non va giù al regime, che lo richiama, perentoriamente, in patria.

È il giugno del 1961 quando, Rudolf Nureyev, all’aeroporto di Parigi, diserta e chiede protezione.

Ne conseguono pesanti ripercussioni sui suoi amici e familiari in Russia.

Per me, a questo punto, è stato impossibile contenere la commozione.

Due mesi dopo la sua diserzione, a Berlino, nell’agosto del 1961, viene eretto il muro.

Da qui, non vi dico altro perché è una pellicola che parla di umanità e di vita e pertanto, va vissuta, nello sguardo di Rudolf, nel suo sorriso, attraverso il suo temperamento, che s’estrinseca in modo detonante e concreto.

Sottolineo solo che Nureyev non potrà rientrare in Russia, né parlerà mai della sua famiglia o di quanto potesse avvenire nella sua terra per paura delle terrificanti ritorsioni che le sue parole avrebbero potuto scatenare sui suoi cari.

Soltanto trent’anni dopo la sua diserzione, con Gorbaciov, sarà permesso a Rudolf di rientrare in Russia.

Nureyev è un film meraviglioso, da vedere e da vivere, tutto, dal primo all’ultimo fotogramma.

 

 

 

Trailer per gentile concessione Nexo Digital:

 

 

 

 

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