PITIGLIANI KOLNO’A FESTIVAL a Roma

PITIGLIANI KOLNO’A FESTIVAL

EBRAESIMO E ISRAELE NEL CINEMA

 

 

GRANDISSIMA INIZIATIVA CULTURALE

CE LA RACCONTA UNA DELLE DIRETTRICI: ARIELA PIATTELLI

 

 

DAL 19 AL 22 GIUGNO

CASA DEL CINEMA: dal 19 al 21 giugno

CENTRO EBRAICO IL PITIGLIANI: 22 giugno

ROMA

 

 

 

 

di Elisa Pedini

 

 

Il Pitigliani Kolno’a Festival – Ebraesimo e Israele nel Cinema è un’iniziativa molto interessante, giunta alla sua XVI edizione, che ha inaugurato il 19 giugno a Roma presso la Casa del Cinema, ove si terranno le anteprime cinematografiche fino a quella di stasera e presso il Centro Ebraico Il Pitigliani ove si terrà domani sera, l’ultima proiezione in cartellone.

L’ingresso è gratuito fino a esaurimento posti e vi consiglio, decisamente di non perderlo.

Si tratta d’un’occasione importante di piacevole scambio e crescita interculturali per entrare dentro realtà e tradizioni solo apparentemente “distanti”; ma in realtà molto simili alla nostra quotidianità, tanto cittadina, quanto familiare.

Il Pitigliani Kolno’a Festival – Ebraesimo e Israele nel Cinema è prodotto dal Centro Ebraico Italiano Il Pitigliani e diretto da Ariela Piattelli e Lirit Mash con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Roma, con il contributo della Fondazione Museo della Shoah, in collaborazione con il  MEIS – Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah e l’Ambasciata di Israele in Italia.

Il Festival ci propone aspetti e tematiche diversi e importanti che la cinematografia israeliana sta affrontando in questo momento.

Naturalmente, in un’ottica di interculturalità, Kainós® Magazine non poteva tirarsi indietro, visto anche quanto è stata trattata la tematica dell’ebraesimo in precedenza.

Tuttavia, finora, ci siamo occupati moltissimo di sensibilizzare verso il concetto, per noi fondamentale, d’una “memoria” che deve essere “cultura” e dunque viva per 365 giorni l’anno.

In particolare, attraverso i nostri Eventi di diffusione culturale che, per l’appunto, non hanno luogo solo il 27 gennaio, ma sono costantemente agiti, sempre.

Oggi, ci viene offerta l’opportunità d’entrare dentro, in modo vibrante e tangibile, alla quotidianità di quella cultura profonda e antichissima.

Saggiarne le diversità e le tradizioni.

Cercare d’entrarvi dentro e comprendere come i problemi ci accomunino tutti e come la comunicazione e soprattutto, la volontà di comunicare e interscambiarsi opinioni ed emozioni sia alla base per ottenere risultati e tutto attraverso uno dei mezzi più piacevoli ed efficaci: il cinema.

In più, data l’importanza e la bellezza di questo Festival, di cui vi fornirò le singole recensioni ai film, incominciando da quello di questa sera, mi è sembrato importante lasciare la parola a una delle direttrici: Ariela Piattelli.

 

D:

Ariela, una cosa che mi ha colpito molto guardando tutti i film, è la comunicazione sia in famiglia che all’esterno che risalta in tutte le pellicole. Inoltre, seppur con leve e tagli differenti, le problematiche che vediamo su pellicola, sono relazionabili ed estendibili praticamente al genere umano. Per cortesia, potresti approfondirmi questi aspetti collegando le culture?

AP:

«Certamente!

Allora, intanto partirei da Matchmaking e Children of Nobody che sono i primi che mi vengono in mente relativamente alle tematiche proposte.

Qui, va compreso innanzi tutto il regista (Erez Tadmor, n.d.r.).

Infatti, entrambi i prodotti arrivano da un regista estremamente prolifico ed incredibilmente eclettico. Quando dico “eclettico” intendo che si è davvero occupato di tutto: dalla regia teatrale, al cinema, alle serie televisive.

Oggi, quando si parla di serie e di ebraesimo, l aprima cosa che viene in mente è una serie televisiva sugli ebrei ortodossi che sta spopolando su un famoso servizio streaming a pagamento.

Tadmor va ben oltre perché in tutta la sua produzione ha fatto un focus sui singoli nuclei culturali che costituiscono Israele e sui microcosmi culturali che compongono ciascun nucleo.

Lui va sempre a raccontare uno spaccato di una minoranza nel panorama umano israeliano.

Infatti, la multiculturalità è caratteristica primaria e fondamentale d’Israele.

In ogni situazione e in ogni nucleo e in ogni microcosmo ci sono gli stessi problemi, a prescindere e la stessa capacità di comunicazione.

Gli ebrei ortodossi vivono le problematiche di chiunque.

Nel caso di Matchmaking per esempio, dove i protagonisti frequentano scuole religiose, divise per genere, né più né meno di quello che accade in certe scuole religiose in Italia, a dividere le due famiglie è la cultura, la tradizione: gli uni sono sefarditi, gli altri ashkenaziti. Nel dialogo in famiglia e tra famiglie, anche coi toni leggeri della commedia, si trova il compromesso e il coronamento dell’amore tra i due protagonisti.

Entrambe le pellicole sono ambientate a Tel Aviv e si focalizzano su minoranze diverse: una l’abbiamo vista, l’altra è la parte povera, emarginata, che troviamo in Children of Nobody.

Tel Aviv è una città incredibilmente moderna e tecnologica, con un tasso di turismo altissimo e servizi elevatissimi; ma questo accentua la spaccatura con le fasce più deboli che fanno molta fatica.

Quando si pensa a Tel Aviv, non bisogna pensare a una grande metropoli, in realtà, è una città piccola e questa dicotomia risalta ancora di più.

Inoltre, il film, drammatico, mette in evidenza problematiche piuttosto note anche in Italia, ovvero quella del degrado e della povertà e quella della speculazione edilizia, della corruzione.

Ovviamente, qui, manca proprio la volontà di comunicare.

L’altra pellicola ambientata a Tel Aviv è Savoy, un docu-film di forte impatto che oltre a utilizzare materiale di repertorio totalmente inedito di quell’evento terribile, incorpora molto bene anche la fiction.

L’attentato del 1975 fu un evento terroristico di grande portata che ebbe risonanza mondiale.

Qui, torna con forza la dimensione della memoria collettiva di quanto accadde e del terrorismo; ma troviamo anche la dimensione della memoria del dramma individuale di Kohava, sia durante l’attentato, che dopo, quando da eroina della mediazione linguistica, passa a prostituta.

Nell’ultima pellicola: Paris Boutique, abbiamo l’altra realtà di Israele: Gerusalemme, il crocevia di tutte le culture, lo sfondo assoluto della multiculturalità.

Il messaggio potente è che nella comunicazione e con la comunicazione, ci si può sedere tutti intorno a un tavolo.

Con i toni leggeri della commedia, in realtà trapelano situazioni drammatiche.

In conclusione, lo scopo, il segno da lasciare è fornire uno specchio delle culture che compongono Israele».

 

 

 

 

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