GLI SDRAIATI: recensione

GLI SDRAIATI

 

 

 

 

QUANDO UN PADRE E UN FIGLIO DEVONO IMPARARE:

L’UNO A INVECCHIARE, L’ALTRO A DIVENTARE ADULTO

COMMEDIA SIMPATICA SUL RAPPORTO PADRE-FIGLIO

 

 

 

di Elisa Pedini

 

 

 

GLI SDRAIATI, da domani, 23 novembre, nelle sale italiane, per la regia di Francesca Archibugi, è una commedia simpatica, divertente, gradevole da vedere.

A una regia solida, delicata e ben costruita, risponde un prodotto non perfetto, ma, comunque, molto piacevole.

Certo, c’è dietro un lavoro enorme e complesso di sceneggiatura, che ha richiesto impegno, pazienza e notevole bravura e una conseguente opera di cesello da parte della regista.

Infatti, GLI SDRAIATI è liberamente tratto dall’omonimo libro del 2013 di Michele Serra.

Un testo, veramente, difficile da trasporre in linguaggio cinematografico, perché non contiene una storia, bensì un viaggio introspettivo e psicologico.

Lo stesso autore afferma:

«Ero preoccupato dalla trasposizione cinematografica, in particolare, perché il mio libro, non ha una storia, è psicologico. Il cinema, invece, ha bisogno d’una trama e in questo senso il film non è il libro, lo tradisce; ma, al contrario, il film, è, il libro, proprio nell’introspezione, nei sentimenti, nel peso di questo rapporto e non-rapporto. Inoltre, il film riproduce, perfettamente, l’atmosfera del libro: ci sono severità e molta sofferenza, ma mai cinismo e indifferenza».

Sicuramente, GLI SDRAIATI è una pellicola gradevole, anche per lo sguardo che l’Archibugi pone su Milano, sin dalle prime scene, con delicatezza, dolcezza e curiosità, mostrandoci una città che, noi milanesi, non siamo abituati a vedere.

La regista sottolinea:

«Per me, girare a Milano, è stata un’esperienza nuova. Il libro, che ha ispirato il film, portava già in sé questo rapporto di padre-figlio milanesi, diversi dalla realtà mia, che sono mezza romana e mezza toscana. Se vogliamo,, è stato uno studio antropologico, per me. Ho guardato Milano con gli occhi d’un’esterna e ho cercato di capirla. Ho cercato di buttare uno sguardo vergine sulla città».

Un impeccabile Claudio Bisio, veste i panni di Giorgio Selva, uomo affermato e famoso, perché conduttore televisivo, di mezza età, separato e convivente col figlio adolescente, Tito, il quale, a dieci anni, quando i genitori si sono lasciati, ha scelto di stare col padre; ma oggi, a diciassette anni, questo rapporto sembra proprio andargli stretto.

Tra i due c’è un muro d’incomunicabilità, fatto di silenzi, di segreti, d’incapacità di capire e di capirsi.

La situazione si complica, quando entra in scena Alice, la ragazza di Tito, il quale, da un lato, si chiude ancora di più col padre, dall’altro, comincia a mettere in discussione il suo comportamento e quello della banda di debosciati con cui va in giro.

Per Giorgio, la situazione degenera quando scopre che, la ex cameriera di casa sua, Rosalba, è la madre di Alice.

La reincontra, casualmente, ai colloqui con gli insegnanti a scuola e da lì comincia tutta una serie di interrogativi e di sospetti.

Una resa dei conti? Lascio a voi scoprirlo.

Voglio, invece, soffermarmi su un aspetto, a mio avviso, molto apprezzabile e interessante de’ GLI SDRAIATI: la profonda umanità dei due protagonisti e la cura nel delinearli come “soggetti reali”.

Mi spiego: non sono due eroi patinati, sono persone normali, che potremmo incontrare tutti i giorni; non sono nemmeno “positivi in assoluto”, al contrario: sono entrambi insopportabili, seppur per motivi diversi; hanno entrambi torto; devono entrambi imparare, l’uno a diventare adulto, l’altro a diventare vecchio.

Ecco, ne’ Gli sdraiati, questa capacità di cogliere l’imperfezione umana e metterla sul grande schermo, senza mai trascendere, senza esasperarla, né edulcorarla, mi ha terribilmente, affascinata.

Da qui, ne esce un Giorgio Selva che, sarà pure un personaggio famoso, ma è totalmente privo di spina dorsale: ha ripetutamente tradito la moglie, senza, però, avere il coraggio di lasciarla, fino a che, lei, scoperta l’infedeltà del marito, l’ha piantato in asso, chiudendo ogni rapporto; non è capace, neppure, di farsi avanti con la ragazza che gli piace e soprattutto, non sa assolutamente, essere “adulto”: col figlio, è pedante e logorroico sulle sciocchezze, ma, sui comportamenti, veramente, gravi, non prende provvedimenti; non ha il rispetto del figlio, né, tanto meno, quello della banda di debosciati, amici di Tito, che tratta e da cui si fa trattare, da pari, da coetaneo.

Tuttavia, non si può non amare, la sofferenza di quest’uomo, la sua generosità, la sua capacità d’interrogarsi, la sua voglia di essere un buon padre.

Tito, dal canto suo, è maleducato, inaffidabile, strafottente, supponente, egoista, ladro; ma porta in sé, quella fragilità e quella dolcezza, che sono tipiche d’un’età di transizione, in cui, non si è ancora uomini, ma non si è più bambini.

Restano ai margini le figure di contorno, giustamente, se vogliamo, visto che il cuore di tutto è il rapporto Giorgio-Tito.

A mio avviso, poteva essere un po’ più approfondita la personalità di Alice, ma, grosso modo, i tratti salienti ci sono.

Ben s’identifica, invece, sua madre, Rosalba, caratterizzata, soprattutto, dal suo modo di parlare e a tale riguardo, uso le parole della stessa Antonia Truppo:

«Rosalba è una donna forte. Non è di Milano, seppur ci vive da molto tempo. Da dove venga è, in realtà, totalmente ininfluente e difatti non viene mai detto. Per sottolineare quest’aspetto, s’è lavorato molto sul linguaggio del personaggio: nel senso che si doveva capire che venisse da fuori, ma senza dare un’identificazione precisa. Questo suo essere “estranea”, la fa vivere in una sorta di mimetizzazione all’interno della società, che s’estrinseca nel desiderio di crescita ed emancipazione della figlia».

Oltre ai citati, Claudio Bisio e Antonia Truppo, le di cui professionalità e bravura non hanno certo bisogno d’essere rimarcate, voglio ricordare nel cast i due giovani attori neofiti: Gaddo Bacchini, nel ruolo di Tito e Ilaria Brusadelli, nella parte di Alice, che, nonostante la totale inesperienza, si sono mostrati più che convincenti.

 

 

 

Gallery per gentile concessione Lucky Red:

 

 

 

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